PARTE SECONDA.
Varuna ha conquistato un ruolo di rilievo nella nuova arte figurativa contemporanea, soprattutto quella di matrice pop e neo surrealista, grazie alla capacità e rapidità di veicolare messaggi attraverso le immagini, di pronta presa e d’effetto immediato. Le sue opere sono surreali nel mantenere una sintesi espressiva sì, ma visionaria e psichedelica. L’artista nel corso di un suo intervento cita Bosch.
Hieronymus Bosch, nome d’arte di Jeroen Anthoniszoon van Aken è stato un pittore olandese. La ricchezza di inventiva nelle sue opere, vere e proprie visioni, andò di pari passo con le dottrine religiose e intellettuali dell’Europa centro-settentrionale che, al contrario dell’Umanesimo italiano, negavano la supremazia dell’intelletto, ponendo piuttosto l’accento sugli aspetti trascendenti e irrazionali. Quando Varuna lo cita mi ritorna in mente ‘Il trittico delle delizie’ di Bosch conservato nel Museo del Prado di Madrid.
Parliamo di un dipinto a olio, con due ali rappresentanti la varietà del mondo, illustrati con forme grottesche, che mostrano una rappresentazione della Terra durante la Creazione. Il pannello di sinistra rappresenta Dio quale perno dell’incontro tra Adamo ed Eva; quello centrale è una vasta veduta fantastica di figure nude, animali immaginari, frutti di grandi dimensioni e formazioni rocciose; quello di destra è invece una visione dell’Inferno e rappresenta i tormenti della dannazione.
L’opera viene vista come un ammonimento agli uomini per quanto riguarda i pericoli delle tentazioni della vita espresse con l’intricato mescolarsi di figure simboliche. C’è chi crede che il pannello centrale contenga un insegnamento morale per l’uomo e chi lo considera una veduta del paradiso perduto.
Varuna ha parlato anche del potere del sogno e della forte influenza del sogno che può mostrare anche figure deformate. E’ forse Bosch l’ispiratore adolescenziale dell’artista?
Ma il punto non è questo. Qualcuno dei presenti in sala di rimando cita ‘Il Misantropo’ opera di Pieter Bruegel in Vecchio, conservato nel Museo nazionale di Capodimonte di Napoli
In basso vediamo una scritta in fiammingo che chiarisce il soggetto della piccola tela:
‘Om dat de werelt is soe ongetru/Daer om gha ic in den ru’. ‘Poichè il mondo è così indegno di fiducia io sono in lutto’.
Un uomo anziano, dalla lunga barba bianca, procede silenzioso e mesto con le mani incrociate, indossando una cappa scura con cappuccio. Dietro di lui un ometto vestito da straccione, dal volto grottesco e dentro un globo trasparente con la croce sulla sommità, chiarissima metafora del Mondo, gli sta tagliando via una borsa per derubarlo; ma il sacco ha l’evidente forma di un cuore umano, simboleggiando quindi la delusione e l’inaridimento dei sentimenti che la vita nella società comporta. Le spine e il fungo velenoso che poi si trovano davanti all’uomo simboleggiano il pericolo del suo cammino.
Il collegamento di queste due citazioni ci ricorda le modalità differenti nel corso dei secoli di veicolare contenuti e messaggi. La modalità di Bosch è più vicina alla contemporaneità dell’arte, è fortemente espressiva ed è simbolica. Bruegel ne è distante, visto che usa una raffigurazione figurativa. Espressione figurativa completamente scomparsa nell’arte contemporanea.
Un altro passaggio in rapida successione di pensiero ci ricorda Gustave Moreau precursore del simbolismo e surrealismo. I dipinti di Moreau appaiono come un insieme di simboli che lasciano spazio all’interpretazione dell’opera, cosa che permette al fruitore di esserne partecipe. Il termine simbolo deriva dal verbo greco ‘symballo’, che significa letteralmente ‘mettere insieme’. L’osservatore dell’opera simbolista contrae un patto con l’artista: una parte dell’opera è definita dai simboli inseriti dall’autore, una parte è lasciata all’interpretazione personale. Il messaggio di Moreau è la conoscenza del mito che svela l’indicibile e l’inesprimibile, oltrepassando le differenze religiose e fornendo un messaggio universale. Ciò permette a Moreau di scandagliare l’animo umano, la sua spiritualità e i suoi coni d’ombra più segreti e laceranti. Moreau sancisce in modo indiscutibile, come sosteneva a piè pari Oscar Wilde, la fine dell’Arte per l’Arte, aprendo di fatto la porta all’arte polivalente, che non osserva canoni storici e può essere mercificata, collocata e finalizzata a logiche di mercato.
Tornando a Crali, ed alla sua connessione con Varuna, è necessario ribellarsi all’idea di una storia dell’ arte che nell’immediato secondo dopoguerra travisa la genesi delle maggiori manifestazioni dell’ arte moderna, come il dadaismo, cubismo, futurismo e surrealismo, asserendo che ci avrebbero condotto all’immobilità dell’ immaginazione.
Invece sarà proprio l’ arte, creando oggetti espressivi il cui estetismo e la cui comprensione sfuggiranno, inevitabilmente, a chi non si impegnerà appieno per raggiungere la conoscenza di quanto hanno prodotto, e producono, gli artisti ben consapevoli delle mutazioni continue degli ingredienti espressivi che sono prodotti dal divenire storico e culturale.
Più si procederà divenendo consci degli incessanti mutamenti cognitivi, più si potranno leggere e comprendere i significati nuovi delle opere degli artisti contemporanei, ben connessi allo scorrere della storia espressiva e cognitiva.
In fondo Carla Cace ha vinto la scommessa puntando sul dialogo im-possibile tra il grande aeropittore di origini dalmate Tullio Crali e il celebre artista contemporaneo pop-surrealista Elio Varuna.
Fine
Roberto Cristiano