Trump a Davos, tra palestinesi, Netanyahu e May

Donald Trump è giunto al World Economic Forum di Davos, in Svizzera,   affermando che i palestinesi devono tornare al tavolo dei negoziati con Israele se vogliono ricevere aiuti Usa.

Dopo gli attacchi subiti nelle ultime settimane per le sue politiche protezioniste,  e per la scelta di Gerusalemme capitale, arriva la sua risposta che, davanti al premier israeliano Benjamin Nethanyahu,  mette nel mirino i palestinesi: ‘Ci hanno mancato di rispetto. Noi abbiamo donato ai palestinesi centinaia di milioni di dollari di aiuti, soldi che non verseremo più. A meno che non si siedano e negozino la pace. Noi abbiamo ritirato l’argomento Gerusalemme dal tavolo, ma abbiamo un’ottima soluzione per i palestinesi, in grado di soddisfare tutti’.
Trump ha inoltre sottolineato le sue speranze per il processo di pace, aggiungendo che, ‘tolto il tema di Gerusalemme dal tavolo, quindi non ce ne dobbiamo più occupare’, ora è possibile concentrarsi su altro. Trump ha detto poi che Israele ‘pagherà’ facendo a sua volta concessioni per aver ottenuto in anticipo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale.

E sulla mossa Usa per Gerusalemme è arrivato il commento dello stesso Nethanyahu: ‘Ho ribadito la mia volontà, e la volontà di Israele, di intraprendere uno sforzo per arrivare alla pace con i palestinesi, uno sforzo che è rafforzato da questa squadra’,  alludendo all’amministrazione Usa,  ‘molto competente. Gerusalemme è stata la capitale dalla nascita di Israele. Trump ha semplicemente riconosciuto la storia. Con qualunque accordo di pace, Gerusalemme resterà sempre la nostra capitale, le nostre istituzioni saranno lì’.

A Trump ha risposto Abu Mazen: ‘Se la questione di Gerusalemme è fuori dal tavolo, gli Usa resteranno fuori da quel tavolo’, ha detto Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente palestinese, che ha definito la dichiarazione di Trump inaccettabile: ‘I palestinesi sono pronti a impegnarsi in negoziati con un processo di pace basato su uno stato palestinese con Gerusalemme est capitale’. Per Rudeinah, Trump dovrebbe ritirare la mossa su Gerusalemme: la minaccia della politica di fame e sottomissione non funzionerà con il popolo palestinese.

Abu Mazen ha insultato il presidente americano  ha detto l’ambasciatrice Usa all’Onu, Nikki Haley, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza sul Medio Oriente, sottolineando che al leader palestinese manca il coraggio e la volontà di cercare la pace. Gli Usa sono totalmente pronti alla pace, e rimangono impegnati alla soluzione dei due Stati tra Israele e Palestina se negoziata dalle parti. Ribadendo che gli Stati Uniti non hanno fatto niente per alterare la questione sullo status finale.

  Dopo Netanyahu,  Trump ha  incontrato Theresa May.   Dal governo britannico è partita la nota: il presidente degli Stati Uniti è atteso in visita nel Regno Unito entro l’anno. L’ufficio della prima ministra inglese ha aggiunto che i due leader hanno chiesto ai rispettivi staff di coordinarsi in modo da finalizzare i dettagli della visita di Trump. Una visita particolarmente significativa sulla via della normalizzazione dei rapporti del Regno Unito con un alleato privilegiato come gli Stati Uniti.
Rapporto entrato in crisi, come si ricorderà, nel giugno scorso, nelle ore successive all’attentato terroristico al London Bridge, quando il sindaco liberal e musulmano di Londra, Sadiq Khan, aveva difeso la tolleranza e le politiche sociali inclusive della capitale britannica come arma contro l’estremismo. A seguito di questo Khan era  finito col diventare oggetto dell’ironia di Trump,   che su Twitter lo aveva definito un uomo fiacco se con almeno sette morti e 48 feriti,  in un attacco terroristico,   dice che non c’è ragione di allarmarsi.  Trump esaltava poi  il suo ordinamento restrittivo contri i  viaggi dei cittadini di Paesi musulmani negli Usa.
Khan non ci stava e con una petizione online raccoglieva 2 milioni di firme per indurre il governo May a ritirare l’invito a Trump per una visita ufficiale ‘ospite della Regina’. Il parlamento di Westminster aveva discusso la questione, temendo grandi manifestazioni di protesta per l’arrivo di Trump. Per non doverlo ospitare a Buckingham Palace, la stessa Regina Elisabetta aveva declassato la visita di Stato a visita ‘di lavoro’. In seguito anche Theresa May, che aveva recapitato personalmente l’invito a Trump durante la sua visita alla Casa Bianca, aveva pubblicamente criticato il presidente americano e proprio sulle prime esternazioni riguardo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, oltre che per il tweet con cui Donald aveva rilanciato un video prodotto da un gruppo britannico xenofobo di estrema destra.

Alla fine, l’invito ufficiale a Trump non è mai stato ritirato.  Avviata verso la Brexit, Londra vede in un accordo commerciale da partner privilegiato di Washington una garanzia di sbocco per i suoi scambi futuri. Washington, a sua volta, sa che una Londra legata agli Usa commercialmente finirebbe con l’esserlo più facilmente anche politicamente.

In sintesi, fuori dal coro europeo, Londra intona i suoi toni politici e commerciali verso Trump.

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