Alta tensione tra Washington e Bruxelles. La scure di Donald Trump rischia di abbattersi su almeno 90 prodotti europei. L’ipotesi allo studio della Casa Bianca è quella di introdurre dazi ‘punitivi’ su una serie di beni icona importati dai Paesi del Vecchio Continente: dalla Vespa all’acqua San Pellegrino, dal formaggio Roquefort al foie gras. Si parla di ‘supertariffe’ del 100% che farebbero di fatto raddoppiare i prezzi di quei prodotti per i consumatori americani. Una vera e propria dichiarazione di guerra commerciale tra America ed Europa dagli esiti imprevedibili, innanzitutto per milioni di famiglie sulle due sponde dell’Atlantico. E’ il ‘Wall Street Journal’ a svelare le mosse anti-Ue a cui si sta lavorando, nell’ambito di un piano più generale con cui Trump intende rivoluzionare la politica commerciale Usa, all’insegna dell’American First.
Con l’imposizione di dazi e tariffe che dal Messico alla Cina penalizzino le importazioni e favoriscano la produzione interna. E’ la svolta protezionista annunciata dal tycoon in campagna elettorale, che comporta la messa in discussione anche dei grandi accordi di libero scambio. Guardando all’Europa sono Francia, Italia e Germania maggiormente nel mirino di Washington, con alcune eccellenze del ‘made in Italy’ che rischiano di avere nel prossimo futuro vita difficile Oltreoceano. Anche solo gli annunci, del resto, rischiano di creare danni: è bastato parlare di dazi sulla iconica Vespa, in America ancora simbolo della Dolce Vita, per causare un tonfo del titolo Piaggio, nonostante le rassicurazioni dall’azienda di Pontedera.
E proprio Piaggio sta accusando il colpo a Piazza Affari, dove è in discesa a seguito delle indiscrezioni provenienti da Oltreoceano. All’ora di pranzo il titolo cede intorno al 3%, dopo essere salito del 20% nell’ultimo mese. L’azienda di Pontedera, tuttavia, non è preoccupata dai possibili dazi, notizia che fra l’altro non la coglie di sopresa. Fonti vicine a Paiggio riferiscono che già a metà febbraio l’azienda ha partecipato assieme al CEO dell’AMA (American Motorcyclist Association) e ai responsabili di BMW, Ducati, KTM, Husqvarna a un ‘public hearing’ presso gli uffici dell’U.S. Trade Representative per spiegare le possibili ricadute dei dazi sull’economia e sull’occupazione locale. Per il gruppo peraltro il mercato americano complessivo corrisponde a meno del 5% del fatturato. Se si escludono i veicoli esportati in Sud America e le moto di grande cilindrata, che non rientrano nell’ipotizzato provvedimento restrittivo di Trump, il numero si riduce a circa 5.000 che rappresenta il 2% del fatturato.
‘La qualità non ha frontiere: dazi, protezionismi, chiusure non possono essere barriere che mettono un freno, un muro alla qualità’, ha commentato il premier Paolo Gentiloni. Levata di scudi anche da Facebook, che definisce il protezionismo ‘un mezzo disastro’.
Ad essere minacciati sono anche i costruttori di moto svedesi ed austriaci, i produttori di formaggio francesi, quelli di acqua minerale come la Perrier, che appartiene al gruppo Nestle’, che produce anche la San Pellegrino. E poi ancora quelli di cioccolata, mostarda, paprika, tosatrici. Si salva Londra che, un po’ per la Brexit, un po’ per la ‘special relation’ con gli Usa, non è contemplata nella stretta. Un giro di vite che invece mira a colpire prodotti-simbolo dei Paesi Ue con l’obiettivo di per fare pressioni su Bruxelles. Alla base di tutto c’è infatti un contenzioso che da anni crea tensioni in seno al Wto: quello che riguarda lo stop della Ue all’importazione di carni di manzo Usa prodotte con bovini trattati con gli ormoni. Un blocco da sempre mal digerito da Washington, che in base alle proprie leggi non considera illegali le sostanze utilizzate dagli allevatori per aumentare la produzione. Almeno finché non é dimostrato che facciano male. Un principio contrario a quello adottato in Europa, dove prima della commercializzazione ci si accerta che un prodotto non sia dannoso per la salute. La linea dura di Trump verso la Ue, scrive il ‘Wall Street Journal’, verrebbe fomentata proprio dalla lobby dei produttori di carne.
Con l’accusa a Bruxelles di non aver dato attuazione all’accordo del 2009 che prevedeva una maggiore apertura del mercato Ue. Ora la palla passa a Robert Lighthizer, il rappresentante Usa per il commercio estero nominato da Trump. Se Casa Bianca e Senato daranno il via ai ‘superdazi’, sarà lui a doverli applicare. Il valore delle importazioni prese di mira è comunque relativamente basso: secondo il Wto(organizzazione mondiale del commercio), gli Usa possono imporre misure punitive solo su importazioni per un valore di circa 100 milioni di dollari.
Nel mirino non ci sarebbe solo la Cina quindi, con l’intenzione, filtrata nei giorni scorsi, di rivedere lo ‘status di economia di mercato’ della Cina.
In questo contesto, pareva quanto meno inopportuna la battaglia contro Apple. Ecco allora che Trump, a pochi mesi dall’invito ai suoi sostenitori di boicottare i prodotti di Cupertino, ha ricominciato a usare l’iPhone. Lo ha confermato alla Nbc il direttore dei social media della Casa Bianca, Dan Scavino, secondo il quale da un paio di settimane i tweet del presidente Usa partono da un nuovo iPhone. Il presidente aveva sempre usato il vecchio device Android e si era anche rifiutato di usare un device sicuro, modificato e preparato per lui dall’intelligence. Il 19 febbraio 2016, durante la campagna elettorale, Trump aveva accusato Apple di ‘aiutare i terroristi islamici’, durante lo scontro tra Cupertino e l’Fbi per lo sblocco dello smartphone di uno degli attentatori della strage di San Bernardino, in California.
Trump, tra annunci e provvedimenti effettivamente portati a termine sta cercando di fornire la sua impronte, decisa, all’economia Usa. Di questi giorni la firma sull’Ordine esecutivo sulla promozione dell’indipendenza energetica e la crescita economica, con cui l’America dice addio al ‘Green Power Plan’, il programma della presidenza Obama che, in applicazione degli accordi di Parigi sul clima del 2015, stabiliva misure per ridurre le emissioni di anidride carbonica del 32% entro il 2030.
Una mossa che, unita al Travel Ban, preoccupa anche il Vaticano. Per fortuna, dice il card. Peter Turkson, capo dicastero per lo Sviluppo umano integrale, anche negli Stati Uniti ci sono voci di dissenso, voci contrarie, in disaccordo esplicito contro le posizioni di Trump: il suo bando contro le immigrazioni è stato bloccato da un avvocato delle Hawaii. È un segno, spiega, che ci può essere un’altra voce e si spera che tramite i mezzi politici mano a mano Trump stesso cominci a ripensare alcune sue decisioni. E aggiunge: ‘Contiamo anche sull’azione di lobby della Chiesa Usa’.
Cocis