Trump, primo comizio-show a Mar a Lago dopo l’arresto. Sulle spalle 34 capi d’accusa

‘Sembra così surreale. Mi stanno per arrestare. Non riesco a credere che questa cosa stia accadendo in America’, è l’ultimo messaggio postato da Donald Trump sul suo social Truth, mentre era diretto alla Procura di Manhattan, dove si è consegnato alle autorità giudiziarie. E dove è subito scattata per lui la procedura che lo pone in stato di arresto. Non proprio una formalità, dal momento che essa decade solo quando Trump s’impegnerà nelle forme di rito a non sottrarsi al processo. Nel frattempo, l’ex-presidente si è già sottoposto alla procedura di identificazione, con tanto di prelievo delle impronte digitali.

Secondo fonti citate dalla Cnn, Trump ha chiesto per due volte che gli facessero le foto segnaletiche, ma senza successo. Com’è ormai noto a far scattare l’incriminazione ai suoi danni è stata la vicenda dei 130mila dollari versati quando era candidato alla Casa Bianca alla pornostar Stormy Daniels in cambio del suo silenzio sulla loro relazione. Ma questo sarebbe solo il più eclatante di una lista di ben 34 capi d’imputazione che vedono Trump rispondere di reati connessi all’ipotesi di evasione fiscale, crimine punito molto severamente negli Usa.

Nel caso di specie, tuttavia, si tratterebbe di questioni legate ai fondi raccolti nella campagna elettorale del 2016, la cui configurazione come reato appare molto dubbio. In ogni caso, i suoi legali hanno già anticipato che il loro assistito si dichiarerà «non colpevole». Ma oltre agli aspetti giudiziari, contano anche quelli politici e mediatici. Trump non ha fatto nulla, ovviamente, per sdrammatizzare la situazione. Anzi, ha subito agitato l’iniziativa del prosecutor (l’equivalente del nostro pm) Bragg, di chiara estrazione politica dem (negli Usa non è uno scandalo), per chiamare a raccolta i suoi. Operazione riuscita, almeno a giudicare dalla folla che si è radunata davanti al tribunale di New York (città alquanto ostile all’ex-presidente).

Lo hanno arrestato per poco più di un’ora e non appena è tornato a piede libero in attesa della prossima udienza, è subito rientrato a Mar a Lago per il suo primo comizio da candidato-indagato portando sulle spalle 34 capi di imputazione. Le 7 vite politiche di Donald Trump stanno affascinando e caricando nuovamente i suoi fan negli Stati Uniti mentre fanno inorridire quel 60% di americani che vogliono finisca al più presto sotto processo.

La prima udienza preliminare è già stata fissata al 4 dicembre, mentre il processo vero e proprio si avrà nel 2024 proprio nel pieno della campagna elettorale.

In meno di 3 giorni Trump – che ha già trasformato la sua incriminazione in una raccolta di fondi elettorali – ha rastrellato più di 8 milioni di dollari e nella notte anche se provato da una giornata campale a New York, rientrati in Florida ha attaccato di nuovo Biden, il figlio Hunter, Hillary Clinton, il giudice di Manhattan e la figlia i due procuratori di New York ritrovando tutta la sua carica al vetriolo come se fosse tornato di nuovo la campagna elettorale del 2016: ”E’ una situazione surreale…non posso credere che questo possa succedere in America…. Dovrebbe essere il procuratore Bragg a finire sotto processo o gli altri due che mi vogliono accusare in Georgia e per l’aggressione di Washington non io che non ho mai commesso nulla….”.

Donald Trump spera nella resurrezione nonostante l’assalto al Congresso e soprattutto col suo discorso di Mar a Lago vuole allargare ancora di più la distanza che lo separa nei sondaggi dallo sfidante diretto Ron De Santis, il governatore della Florida che spera tanto di diventare lui alla fine nel 2024 il vincitore della nomination repubblicana perché l’ex presidente sarà travolto da uno tsunami legale.

L’America prendendo le impronte digitali di Donald Trump per iscriverlo nel registro degli indagati, anche se gli sono state risparmiate le manette e la foto segnaletica di fronte e di profilo, si è trovata a camminare in una giornata storica, senza precedenti e che ha visto l’affermazione delle regole democratiche.

La macchina elettorale di Trump che ha spostato tutto il suo quartier generale a Mar a Lago con l’aereo sempre pronto al decollo sulla pista, è già a pieno regime mentre gli altri candidati sono ancora al palo. L’ex presidente vuole batterli tutti sul tempo e non in volata perché è consapevole di non avere questa volta le centinaia di milioni di dollari dei finanziatori repubblicani del 2020 che fra due anni vogliono vincere davvero e si rendono conto che se si ripetesse di nuovo il confronto tra il vecchio Biden e Trump con lui tornerebbero a perdere perché dopo tutto quello che ha fatto, gli indipendenti che presidiano il centro e anche i repubblicani moderati forse non lo sceglierebbero più, perché il suo anche se oggi ne ha il pieno controllo non è più il partito repubblicano ma solo il partito di Trump.

E nel suo ultimo comizio pieno di retorica e di attacchi nel salone di casa non poteva non dire che se fosse rimasto lui alla Casa Bianca e non gli avessero rubato le elezioni, la Russia non avrebbe invaso l’Ucraina, Pechino non avrebbe rafforzato l’asse con Mosca e Teheran non avrebbe fatto accordi con l’Arabia Saudita. Inoltre la recessione non sarebbe mai arrivata e naturalmente non ci sarebbe mai stato il disastroso ritiro dall’Afganistan anche se fu proprio lui a firmarlo.

In altre parole Trump continua a vivere in una realtà che non esiste popolata solo da fake news e se questa volta gli americani gli credono ancora e non hanno alcun candidato repubblicano alternativo da contrapporre a Biden, allora è un’America che rischia un nuovo balzo nel passato. Ma è molto più probabile che il partito dell’elefante, che Trump adesso domina, si mantenga silenzioso e quasi in agguato. Se le accuse venissero confermate al processo e Trump in questo o negli altri procedimenti in arrivo fosse condannato, nessuno sano di mente voterebbe per un presidente in galera anche se carismatico e maestro nel gestire i media e i social che gli hanno riaperto le porte

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