This image provided on Sunday, Sept. 15, 2019, by the U.S. government and DigitalGlobe and annotated by the source, shows damage to the infrastructure at at Saudi Aramco's Kuirais oil field in Buqyaq, Saudi Arabia. The drone attack Saturday on Saudi Arabia's Abqaiq plant and its Khurais oil field led to the interruption of an estimated 5.7 million barrels of the kingdom's crude oil production per day, equivalent to more than 5% of the world's daily supply. (U.S. government/Digital Globe via AP)

Trump pronto ad agire contro l’Iran

“Stiamo vedendo se l’Iran e’ dietro gli attacchi in Arabia Saudita. Non voglio una guerra con l’Iran, cerchero’ di evitarla, ma gli Usa sono pronti con le migliori armi, jet, missili e altri sistemi”,  ha detto il presidente americano Donald Trump parlando con i giornalisti alla Casa Bianca.

Gli insorti yemeniti Huthi, ritenuti vicini all’Iran, che hanno rivendicato gli attacchi alle installazioni petrolifere saudite di sabato scorso, avvertono le compagnie petrolifere straniere e i loro dipendenti di “stare lontani dalle raffinerie di Abqaiq e Khurais”, affermando che tali obiettivi sono ancora nel loro mirino. La perdita di produzione per l’attacco agli impianti di Saudi Aramco, in Arabia Saudita, rappresenta il più grande danno determinato da un singolo evento per i mercati petroliferi. La perdita di 5,7 milioni di barili al giorno, il 5% della produzione mondiale, è superiore a quella nel 1979 con la rivoluzione iraniana e nel 1990 con l’invasione del Kuwait. Sui mercati schizza in alto il prezzo del petrolio a New York scambiato a 60,36 dollari al barile (+10,06%).

Gli Usa sono “pronti e carichi” per reagire agli attacchi contro Riad: lo twitta il presidente americano Donald Trump, precisando di attendere la conferma sulle responsabilità e le valutazioni dell’Arabia Saudita. Ma da Riad si fa sapere che le indagini iniziali condotte  “non sono stati lanciati dallo Yemen”, come rivendicato invece dai ribelli Houthi, e sono state utilizzate “armi iraniane”. Lo ha riferito il portavoce delle forze armate saudite, colonnello Turki al-Malki, parlando con i giornalisti oggi a Riad. Il portavoce non ha aggiunto altro, spiegando che quando l’indagine sarà completa, verrà diffusa.

“Non è interamente chiaro chi sia dietro l’attacco alle strutture petrolifere saudite”, ha detto l’inviato speciale dell’Onu in Yemen, Martin Griffiths, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza. “E’ un incidente estremamente serio, con conseguenze che vanno molto oltre la regione”, ha aggiunto, sottolineando che “gli attacchi rischiano di trascinare lo Yemen in una conflagrazione regionale”. Griffiths ha ribadito che “non c’è tempo da perdere” e bisogna trovare una soluzione politica.

L’amministrazione Usa ha diffuso foto satellitari che mostrano gli almeno 17 punti di impatto negli impianti petroliferi sauditi di attacchi provenienti da nord o nord ovest. Elementi che sarebbero coerenti con un raid proveniente dalla direzione del Golfo persico settentrionale, quindi Iran o Iraq, piuttosto che dallo Yemen, dove gli Houthi, i ribelli locali sostenuti da Teheran, hanno rivendicato gli attacchi. Lo scrive il New York Times.

Gli impianti petroliferi sauditi potrebbero essere stati colpiti da una combinazione di numerosi droni e missili da crociera: lo hanno riferito dirigenti Usa in un briefing con i giornalisti. In tal caso il livello dell’obiettivo, la precisione e la sofisticatezza dell’attacco supererebbero le capacità dei ribelli yemeniti Houthi che lo hanno rivendicato.

La Cina invita alla “moderazione” Stati Uniti e Iran dopo l’attacco di droni all’impianto della Aramco che ha avuto ripercussioni su metà della produzione petrolifera saudita.

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