La pittrice Grazia Lodeserto, dopo il successo riscosso all’Università di Bari con la sua mostra “TUTTOSHAKESPEARE”, ha esposto nel foyer dell’aula magna dell’Università Roma Tre nell’ambito del convegno organizzato da “The James Joyce Italian Fondation” sul tema “Joyce, Yeats and the Revival”. Con la sua ultima ultradecennale fatica, ha interpretato Shakespeare, attraverso 38 opere, tante quante sono i lavori del Bardo. Un percorso unitario sulla intera produzione drammaturgica, attraverso il quale l’Artista ha inteso approdare con questo progetto ad un’ulteriore tappa del suo “Viaggio nell’uomo”. L’Europa attraversa i quadri di Grazia Lodeserto con un timbro che sembra di epoche diverse, scrive la presidente dell’Associazione Amici dei Musei, Annapaola Petrone Albanese, dal Rinascimento di Shakespeare al 900 di Joice, ma che in realtà è uno scorrere unitario del tempo rispettoso dell’individuo in sé e della grandezza della poesia. L’arte di Grazia Lodeserto fonde dramma e commedia con un pennello dai contorni fermi, dalle tinte vibranti, dai contrasti assortiti tra orrore ed armonia, in un gioco di persone ed oggetti che occupano l’esistenza con una collocazione definita ma con uno sguardo continuo al tutto immateriale. La mostra proseguirà alla The American University of Rome a Roma, al Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa, al Museo Storico Nazionale di Arte Sanitaria di Roma per approdare alla Biblioteca del Birmingham City Council di Birmingham in Inghilterra. Centrale quasi sempre la figura femminile a(g)grazia(ta) nelle forme che prepotentemente, scrive la critica Luisa Martiniello, riafferma la sua volontà: la scelta di morire (Ofelia), come quella di sgrovigliare le situazioni, dominarle come Elena (Tutto è bene…) o affermare il candore di purezza (Il racconto d’inverno) o sugellare il connubio amore-amicizia (I due nobili…) o del credo disperatamente contenuto dell’amazzone-guerriera (Enrico VI) o contraltare di bellezza (Riccardo III) rispetto alle deformità morali o espressione di dignitosa fermezza nella giostra delle maschere (Enrico VIII), figura che si staglia nel gioco del potere tirannico, dell’interesse contrapposto all’essere e che vede il dio danaro oggi come ieri motivazione primaria ed egocentrica (Re Giovanni).