Trump è entrato in Twitter nel marzo 2009, quando il sito di social media aveva tre anni. Da allora ha pubblicato 36.500 tweet (non tutti scritti da lui personalmente) e ha 43,8 milioni di follower (Katy Perry ne ha 107 milioni, Barack Obama ne ha 97,4 milioni). Sta seguendo 45 account che comprendono principalmente la sua famiglia, lo staff della Casa Bianca, i suoi club di golf, i giornalisti della Fox News e Morgan. Ha armeggiato il tweet durante l’aspra campagna elettorale e ha continuato a usarlo come presidente in modo divisivo.
A gennaio il New York Times osservò: ‘Mentre quell’abitudine generava conversazione e costernazione quando il signor Trump era un candidato, ora è il comandante in capo e le sue dichiarazioni di 140 caratteri portano il potere di un fulmine olimpionico’.
Trump ha usato Twitter come un modo per convincere la gente a sentire che stava parlando con loro e lo hanno eletto, lo hanno messo in ufficio. Non c’è dubbio che per lui si sia dimostrato molto efficace in modo positivo. Twitter, per Trump vuol dire immediatezza. Puoi ottenere qualcosa là fuori quando vuoi. Evita i canali dei media tradizionali e consente alle persone di condividere ciò che vogliono condividere. Queste prime settimane di aprile sono state particolarmente importanti per ‘The Donald’.
Il procuratore speciale Robert Mueller, che segue il ‘Russiagate’, sta proseguendo con una nuova pista ucraina, nonostante Trump non sia penalmente coinvolto. La ‘visita’ dell’Fbi nello studio di Michael Cohen, avvocato di Trump, il 10 aprile, ha scosso le difese del Presidente. Il raid dell’Fbi era focalizzato sulla raccolta di materiale in connessione con lo scandalo ‘Access Hollywood’. Poi, l’annuncio di ritiro di Paul Ryan, lo speaker della Camera al Congresso che ha deciso di non ripresentarsi nel 2018, un segnale negativo in vista delle elezioni di Midterm in arrivo. E la crisi siriana, ultima ed inquietante, con l’ombra di una guerra alle porte contro la Russia.
‘Twitterstorm’, letteralmente significa ‘tempesta di tweet’, cosa che possiamo legare indubbiamente a Trump. Ha la propria origine, forse, da brainstorming, la tempesta di idee che ogni persona o gruppo di persone deve fare per gettare le basi per un progetto. In questo caso, però, la tempesta non è di idee, ma di posizioni. E di posizioni espresse direttamente sul social media, prima ancora che attraverso statement ufficiali, da parte della figura istituzionale più importante del mondo occidentale: il presidente degli Stati Uniti d’America. Si parte con il tweet del 10 aprile: ‘Una totale caccia alle streghe’, scrive Trump contro il raid dell’FBI nell’ufficio del suo avvocato Michael Cohen. Poi, la tempesta che si fa più forte l’11 aprile. Iniziata con un messaggio in risposta a un’inchiesta del New York Times sui presunti rapporti del Presidente con un imprenditore ucraino: ‘Il fallimentare New York Times ha scritto un’altra storia falsa. È stato il critico politico Doug Schoen, non un imprenditore ucraino, a chiedermi di fare un breve speech al telefono (Skype), ospitato da Doug, in Ucraina. Ero molto positivo sull’Ucraina. Un altro fatto negativo su questa finta storia russa’.
E non è finita qui. Sempre 11 aprile, sempre Trump in un altro tweet: ‘Le nostre relazioni della Russia oggi sono le peggiori di sempre, e includendo anche la Guerra Fredda. Non c’è ragione per questo. La Russia ha bisogno di noi e del nostro aiuto per la sua economia, il che sarebbe molto semplice da fare e noi abbiamo bisogno che tutte le nazioni lavorino assieme. La fermiamo la corsa alle armi?’.
Infine gli ultimi tweet, prima della quiete apparente. Trump connette esplicitamente il caos interno che sta vivendo nella sua vita personale e nella sua amministrazione, con il caos esterno della crisi siriana, incolpando investigatori e media: ‘La maggior parte del sangue con la Russia è causato dalla ‘fake’ e corrotta indagine sulla Russia, guidata da persone leali ai Democratici o da persone che hanno lavorato con Obama. Mueller è il più coinvolto di tutti. Non hanno trovato alcuna collusione, quindi impazziscono!’.
Insomma, i tweet non sono mancati. Ma le decisioni, ora, quali saranno? La crisi siriana si trova nel mio pieno del suo nuovo focolare. Donald Trump è di fronte a un crocevia. Seguire le sirene di Macron e le posizioni di Theresa May e intraprendere la strategia del terrore per distogliere l’attenzione pubblica dai fronti interni che lo vedono coinvolto. O non farsi coinvolgere in una guerra in Siria dai risvolti incerti, che rischia di avere conseguenze drammatiche in tutto il sud Europa.
La domanda che ci si pone è chiara: e’ possibile gettare la nazione nel caos su temi legati alla politica estera, per allontanare gli sguardi indiscreti dell’opinione pubblica dai caos personali di vita politica interna?. Naturalmente non c’è risposta, ma, in tal caso, siamo punti da vaghezza…
Cocis