E ancora: «Venire a Udine ad assaporare un po’ di questo sentimento è una cosa preziosissima», ha rimarcato poi il presidente del Consiglio, spiegando che «qui ci sono persone che arrivano non solo da tutta Italia, ma da tutto il mondo, per ricordare quali siano le loro radici». Un legame fondamentale, e senza il quale, ha sottolineato la Meloni indossando il cappello con la “penna bianca”, «non c’è niente che possiamo fare».
Giorgia Meloni è arrivata da Piazzale Osoppo e tra i presenti c’erano il presidente del Senato Ignazio La Russa, il ministro della Difesa Guido Crosetto e quello per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, oltre al presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, al sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni e tante e diverse autorità militari.
La fanfara militare ha aperto la parata che chiude a Udine, città considerata “la casa” degli alpini, la 94esima Adunata nazionale del corpo. Le penne nere – circa 80-90mila registrano le agenzie di stampa –sono state applaudite da oltre 300mila spettatori. I gonfaloni del Comune e della Regione Friuli Venezia Giulia, il picchetto militare in armi, gli alpini decorati o mutilati che hanno servito l’Italia, le sezioni dall’estero (Sud Africa, Uruguay, Cile, Canada solo per citarne alcune) i raggruppamenti della Protezione civile, i rappresentanti della Croce nera e delle Crocerossine, alcuni atleti paraolimpici alpini: tutti i gruppi lungo lo Stivale hanno attraversato il centro fino al palco d’onore.
Quel palco dove oggi la Meloni ha assistito a quella che ha definito «una delle manifestazioni più straordinarie che avvengono durante l’anno, di cosa sia l’amore di patria». Aggiungendo a stretto giro: «Ritengo che il tema della comunità nazionale, del legame dell’appartenenza che ci lega sia una delle cose più importanti su cui bisogna fare leva per risollevare questa nazione. Quindi c’è bisogno di momenti come questi». Infine, lasciando la parata, a chi le ha chiesto un commento sul ripristino della naja, il premier ha risposto: «Sicuramente è un tema che si può affrontare come ipotesi volontaria, alternativa al servizio civile. Quello secondo me è l’approccio giusto».
La risposta inm merito arriva da Ignazio La Russa che ha ricordato cosa bolle in pentola sul fronte della leva. “L’addestramento in tre settimane non ci può essere, ma se lo portiamo a 40 giorni, che è il tempo con cui una volta il Car preparava la base di addestramento dei militari, allora 40 giorni potrebbero essere una legge che consente a chi lo vuole volontariamente di partecipare alla vita delle forze armate”, ha detto il presidente del Senato, rispondendo a una domanda sull’ipotesi di una formazione dei riservisti, sollecitata dall’Ana.
La Russa ha ricordato un disegno di legge che aveva fatto approvare quando era ministro della Difesa, la cosiddetta mini naja, e ha spiegato che oggi i ‘colleghi’ del Senato ne stanno preparando uno simile e “lo presenteranno tra poco”. L’obiettivo, secondo La Russa, è “rimpinguare anche le associazioni d’arma, che senza la leva vanno naturalmente invecchiando fino a esaurimento, e nello stesso tempo consentire a tanti giovani che lo desiderano di far parte delle forze armate, esprimere il loro desiderio di onorare la patria con un servizio quanto meno di un certo breve periodo di tempo su base volontaria”.
La Russa si è poi ‘arrampicato’ per salutare la partigiana Paola Del Din, presente sul palco d’onore a Udine per la 94esima Adunata nazionale degli alpini. Paola Del Din è la partigiana citata nella lettera della premier Giorgia Meloni scritta in occasione del 25 aprile. Durante la Resistenza combatteva con le Brigate Osoppo, fu la prima donna italiana a paracadutarsi in tempo di guerra. Il suo coraggio le è valso una Medaglia d’oro al valor militare, che ancora oggi, quasi settant’anni dopo averla ricevuta, sfoggia sul petto con orgoglio. “Gli ho detto che io sono sempre per l’Italia, a me va bene chi fa le cose fatte bene”, dice la partigiana.