Nessuna intenzione di arretrare sui dossier che stanno più a cuore all’Italia, ma neppure la volontà di dare altri segnali di divisione tra i membri Ue, regalando nuove armi all’esercito già piuttosto robusto dei populisti. Il premier Matteo Renzi arriva a Berlino dove incontrerà la Cancelliera Angela Merkel per una colazione di lavoro per rappresentare un’Italia che ha girato pagina e intende affrontare a testa alta divergenze e punti di incontro. Il nodo principale è certamente la Turchia, ma non solo. C’è più che altro un’idea d’Europa, collegiale, a 28 e non guidata dall’asse franco-tedesco, ma c’è anche un’idea diversa d’Italia che, al netto delle riforme fatte in tempi record rispetto al passato, smette di ‘obbedire’ e inizia a chiedere. Per questo Renzi ripete come un mantra che il bilaterale con Angela Merkel sarà questa volta da pari a pari e non c’è nessuno che deve fare i compiti e non c’è il primo della classe. E’ quella che alla vigilia dell’incontro tra il paladino della crescita e la custode del rigore Die Zeit definisce la parabola di Matteo Renzi da ragazzo modello del Sud Europa a giovane uomo arrabbiato. Un osso duro, assicura, quello che la cancelliera si troverà davanti. Anche se il premier ha ribadito più volte che Angela Merkel non è un nemico, che sono più le cose che uniscono Roma e Berlino di quelle che le separano e, soprattutto, che la compattezza è necessaria di fronte al vero nemico che è il populismo, che si nutre di un’Europa sempre più sfaldata e incapace di affrontare le emergenze. E le parole pronunciate ieri da Marine Le Pen a Milano sono lì a dimostrarlo: ‘Mi rallegro ancora una volta di questa disgregazione, Schengen va contro gli interessi degli europei’. Certo restano anche le divergenze e il premier non le nasconde. Anzi. Ne ha parlato chiaro in un’intervista alla Faz, criticando senza giri di parole l’asse franco-tedesco e chiedendo più collegialità: ‘Merkel e Hollande, da soli, non ce la possono fare’, commenta. Ma lo scoglio più difficile da superare, resta quello del finanziamento europeo alla Turchia, che l’Italia vorrebbe fuori dal patto di stabilità: ‘Se viene riconosciuto lo 0,2 della clausola dei migranti bene e firmiamo’, ha più volte ribadito il premier. Oltretutto sul dossier immigrazione l’Italia sa di aver fatto molto e proprio in queste ore arrivano le prime ammissioni, anche sul fronte tedesco, di un iniziale disinteresse quando sulle coste italiane gli arrivi, e i salvataggi, erano continui. Lo scrive Die Zeit, ricordando che l’Italia ha affrontato da sola, nel disinteresse dei partner del Nord Europa, la crisi dei migranti, quando questi non arrivavano via terra. E lo ha detto il presidente della Commissione Esteri del Bundestag tedesco Norbert Roettgen, parlando di una crisi iniziata quando i profughi erano ancora in Italia, e la stessa Germania non ha dato sufficiente solidarietà, questo è storia. Ma, come nei giorni scorsi ha fatto anche la stessa cancelliera, è tornato anche a ribadire che l’Italia non si deve tirare indietro e deve permettere di sbloccare i tre miliardi da pagare alla Turchia per arginare l’acutissima emergenza profughi nel Paese confinante con la Siria. Da Berlino è più volte arrivato in queste settimane l’invito a non mischiare i dossier, ma Renzi è convinto che sia inevitabile affrontarli in modo complessivo. Anche per poter garantire la correzione del debito e mantenere l’obiettivo del Pil all’1,5-1,6% nel 2016. Duecentocinquanta-trecento milioni, questa la stima della quota parte italiana, non sono pochi e liberandoli dal patto di stabilità l’Italia potrebbe riuscire a garantire l’aiuto alla Turchia senza uscire da un percorso faticosamente tracciato.