La combo, realizzata con due immagini di archivio, mostra Luigi Di Maio e Matteo Salvini (D). ANSA

Un Cavaliere ingombrante blocca le trattative di Governo

‘Il governo non si può fare se non sarà fatto premier Luigi Di Maio. Il voto dei cittadini va rispettato’, a dirlo è ai microfoni di ’24 Mattino’, su Radio24, il deputato M5S Alfonso Bonafede. Il reddito di cittadinanza? ‘Si farà, senza se e senza ma’, sottolinea Bonafede che, sull’ipotesi di un accordo con Silvio Berlusconi per il governo, ribadisce: ‘Di Maio non farà mai il Nazareno’.

In pratica il fattore Berlusconi irrompe sull’idillio Lega-Cinque Stelle. E rende complicata, nel negoziato sul governo, l’applicazione del metodo seguito da Salvini e Di Maio per l’elezione dei presidenti delle Camere. O meglio, ne complica l’esito.

 Il leader della Lega, per la prima volta, si dice disponibile all’introduzione del reddito di cittadinanza e, attraverso i suoi più fidati titolari dei dossier economici, smussa, e non poco, gli angoli sulla misura simbolo della campagna elettorale: ‘Sulla flat tax’,  dice Armando Siri,  ‘non saremo ideologici’. Aperture, nient’affatto banali, accompagnate dalla caduta di un’altra condizione irrinunciabile, fino a poco tempo fa, ovvero il suo incarico a formare il governo: ‘Pronto a fare il premier ma non dirò mai ‘o io o morte’. Segnali ricambiati da importanti attestazioni di ‘fiducia’ verso Matteo Salvini da parte di Di Maio prima, Grillo poi. E, anche in questo caso, da segnali sul programma, con uno speculare ammorbidimento su alcune misure simbolo della campagna penstastellata, a partire dal reddito di cittadinanza, scomparso da giorni dalle dichiarazioni ufficiali, al pari della lista dei ministri presentata, con una certa enfasi prima del voto.

Tutto chiaro, con l’obiettivo di mettere a punto, di qui alle consultazioni, un programma di massima, serio e approfondito e non un elenco di titoli ad effetto, come base di un possibile governo che risponda alle esigenze degli italiani. C’è, purtroppo, il terzo incomodo che si chiama Silvio Berlusconi. Parlando con gli uomini vicini a Salvini e Di Maio si capisce che è un non detto tale da far cambiare ancora una volta lo schema e basterebbe che il Cavaliere si affidasse a un volto potabile come coordinatore del partito, rinunciasse alla sua ingombrante presenza pubblica e al riconoscimento di interlocutore nel lungo e complesso negoziato per il governo. In tal caso  Salvini si presenterebbe al negoziato come leader del ‘centrodestra’ nel suo insieme, dunque con una grande forza contrattuale del 37 per cento e non come possibile stampella del leader pentastellato.

 Per Di Maio  Berlusconi dovrebbe mollare, consegnando le chiavi del centrodestra a Salvini, unico interlocutore riconosciuto. Perché già questo dialogo con la Lega non è facile per un pezzo dell’opinione pubblica che guarda ai Cinque Stelle. Berlusconi è indigeribile.  Dalle parti di Arcore sono stati abbandonati i toni da campagna elettorale sui Cinque Stelle come di un pericolo che avrebbe affamato il paese, anzi addirittura di un pericolo per la democrazia.
Per i Cinque Stelle è impossibile votare la fiducia a un governo assieme al Berlusca, ed  è difficile che Di Maio possa rinunciare all’incarico.

Ecco, e allora la questione sta nuovamente cambiando. Lo sa Di Maio, lo sa Salvini, lo sa la Meloni. Nelle prossime settimane all’ordine del giorno non c’è un governo centrodestra-Cinque Stelle, ma un governo Lega-Cinque stelle, con Berlusconi che  non ha alcuna intenzione di nascondersi.

Quindi, fase di stallo…

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