La paura delle Procure spinge chiunque abbia capacità decisionale, a temporeggiare, ad attendere sempre l’altro che decida al posto suo, liberandosi, così, da ogni responsabilità ed evitando in un futuro di risponderne. Ma in realtà la colpa vera non è della burocrazia, ma del legislatore che nel corso degli anni ha varato un coacervo di leggi intrise di demagogia, sull’onda di una pressione popolare sempre più pressante. Leggi che alla fine hanno avuto l’effetto di aumentare ancora di più la discrezionalità dei dirigenti che si sono sentiti in diritto di scegliere la norma che più preferiscono, o addirittura di non sceglierla ed evitare di incorrere in eventuali indagini. L’intrigo di queste norme, si stima, assorba il 30% del lavoro della pubblica amministrazione. Si può ritenere che in Italia abbiamo una burocrazia che è addestrata all’adempimento di mille atti e procedure previste, la cui eventuale violazione un giorno potrebbe condannarla se le cose vanno male. Il male di questo Paese da sempre lo si vuole addebitare alla burocrazia, ma in realtà va ricercato nell’insipienza della classe politica che ha governato negli ultimi 25 anni, che per i motivi innanzi esposti non ha esitato a varare norme per tenere buona la gente arrabbiata e non a fare gli interessi della Nazione.Ogni nuovo governo, ogni nuovo partito vara riforme spot, per tenere buono l’elettorato e non tiene conto dell’effetto concreto che poi possono concretamente avere.A questo si aggiunga la confusione dei poteri. Abbiamo una magistratura che entra spesso, mi si perdoni l’espressione calcistica, a gamba tesa in questioni che di penale non hanno niente, ma ciò serve a condizionare negativamente l’azione politica di un partito e favorirne un altro.e ciò avviene costantemente negli appalti per la realizzazione di opere pubbliche di interesse strategico per il Paese. Si aprono con rapidità inchieste, si bloccano per anni i lavori, si fa sì che le tecnologie usate diventino obsolete ed alla fine “Tutti assolti Abbiamo scherzato” . Il risultato? Una miriade di opere incompiute di cui ci accorgiamo solo in caso di grandi tragedie. A tutto ciò il legislatore degli ultimi due decenni non ha voluto e né saputo porvi rimedio. La paralisi amministrativa è tale che per ovviare alla ragnatela normativa, in casi estremi, si finisce con il dover concedere poteri speciali per eluderla. L’impotenza dello Stato di cui scriviamo è stata certificata dal dramma che sta vivendo in queste ore, Venezia. Un super Commissario al posto di due commissari e un super ‘Comitato interministeriale per la salvaguardia di Venezia. Sembra che lo Stato abbia abdicato a favore dell’indecisionismo che regna sovrano.
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