Bilancio di una legislatura, la fine di un progetto
Alla fine di una legislatura si fa un bilancio. I renziani dicono che è stato fatto tutto bene, tranne il referendum, i suoi oppositori interni ed esterni sostengono il contrario e sul referendum dicono che è stato tutto un’errore. Indubbiamente i dati dell’economia reale, sono migliori di cinque anni fa e in questo aiutati dalla congiuntura internazionale favorevole e dalla liquidità erogata da Draghi e dalla BCE. Bisogna anche riconoscere che né gli 80 euro, né il JobsAct, né la grande spesa pubblica in deficit, hanno generato i danni di cui l’opposizione parla. Anzi i tanti incentivi alle assunzioni e i super ammortamenti hanno dato fiato alle aziende e favorito l’occupazione. Un dato risalta all’attenzione di tutti, che la ripresa lenta con il governo Renzi, abbia poi avuto un’improvvisa accelerazione con l’ingresso a Palazzo Chigi di Gentiloni. Evidentemente il Premier in carica ha iniettato nel sistema una forte dose di stabilità e fiducia il tutto condito dal suo modo sobrio e pacato di porgersi. Resta aperto e non colmato, il buco di una generazione senza un lavoro stabile, che tiene viva nel paese la fiamma del rancore. Dal punto di vista della riforma della politica, che era l’altro obbiettivo di questa legislatura, essa si conclude con un fallimento totale. La riforma elettorale, è una delle peggiori del dopoguerra, ed è destinata ad essere cambiata di nuovo. Il sistema politico è rimasto contrassegnato da tre poli in modo netto e sarà difficile centrare l’obbiettivo della governabilità. Il cosiddetto populismo, che Renzi aveva promesso a più riprese, di sconfiggere, e più che mai forte. L’assetto costituzionale, con tutte le sue magagne è rimasto identico, perché il risultato referendario ha bloccato in modo netto la riforma Boschi. Il Pd dal canto suo, ha attribuito la sconfitta patita al referendum del 4 dicembre 2016 a Renzi per aver personalizzato troppo e al suo governo per troppi malumori. In effetti Renzi ha sbagliato a personalizzare il progetto politico, ma lo ha fatto quando ha cercato di personalizzare il suo comando. Questo in caso di vittoria si sarebbe tradotto in una sorte di abolizione della mediazione parlamentare. A questa richiesta, il popolo italiano, a grande maggioranza, ha detto no. Il paese non si è fidato, non ha ritenuto delegare Renzi a progettare una nuova figura di leader, che in pratica avesse le sue stesse misure. Altro errore commesso dal Pd, sia in termini di valutazione che di strategia ha lasciato che al nuovo governo fosse riconfermata la presenza della Boschi creatrice con Renzi della riforma, bocciata dagli italiani. Renzi così, porta sul suo volto i segni dell’impopolarità accumulata dopo la sconfitta referendaria e l'”onta” di essersi circondato di una ristretta cerchia di amici (cosiddetto figlio magico), che attraverso il suo progetto politico avevano tentato, e poi fallito, la scalata al potere. I queste ore il Premier Gentiloni , si sta affannando a dire, che il suo sottosegretario Maria Elena Boschi, ha fatto chiarezza sul caso Etruria. Si capisce che è un’affettuosa bugia, dettata dall’amicizia verso il suo sottosegretario. Ma al di là di ogni responsabilità, che si possa addebitare all’exMinistro, è il progetto politico di cui è stato il simbolo, che è ormai morto e sepolto. Il Pd, fino ad oggi, sembra o fa finta di non accorgersene.