Una serata di teatro che emoziona e fa riflettere: “Lingua Matrigna” al Teatro Tordinona

Ci sono spettacoli che riescono a toccare corde profonde nell’animo dello spettatore, e “Lingua Matrigna” è sicuramente uno di questi. In scena fino a domenica 27 ottobre al Teatro Tordinona di Roma, la pièce della Compagnia del Sole, diretta da Marinella Anaclerio e interpretata magistralmente da Patrizia Labianca, ci offre un’esperienza teatrale intensa, capace di lasciare un segno duraturo. Tratto dall’autobiografia di Ágota Kristóf, questo monologo di un’ora e mezza è un viaggio nell’animo di una donna, una scrittrice che ha vissuto sulla propria pelle lo sradicamento e la perdita legati all’esperienza migratoria.

La scena è essenziale, quasi spoglia, con due cumuli di libri e fogli di giornale sparsi, che sembrano rappresentare una girandola di parole e pensieri che invadono la mente della protagonista. Un televisore, sempre spento, fa da sfondo muto alla narrazione, mentre il vero protagonista scenico è un registratore, l’unico strumento con cui la scrittrice cerca di mettere ordine nella propria autobiografia, registrando la propria voce e, insieme, la propria esistenza. Le registrazioni si mescolano con la recitazione dal vivo, creando un suggestivo gioco di echi e rimandi, come se le parole della protagonista si rincorressero e si sovrapponessero, sottolineando il dramma del vivere tra lingue e culture diverse.

Patrizia Labianca dà vita a un’interpretazione straordinaria: ogni parola, ogni gesto sono misurati con cura, piccoli e precisi, quasi puntuali, creando una perfetta sintonia tra testo e azione. L’emozione dell’attrice è palpabile; le lacrime che solcano il suo volto non sembrano parte del copione, ma il frutto di una partecipazione autentica e profonda al contenuto dell’opera. E le sue lacrime diventano anche le nostre, spettatori rapiti da una narrazione che ci costringe a fare i conti con le difficoltà di chi lascia il proprio Paese e si ritrova in un mondo nuovo e spesso ostile.

La pièce affronta con sensibilità il tema della lingua come elemento identitario, mettendo in luce un paradosso linguistico e culturale: la lingua materna, il primo strumento con cui comunichiamo e ci relazioniamo al mondo, è femminile e materna, mentre la nazione, la patria, è maschile e paterna. Questa contrapposizione non è casuale, e riflette la duplice perdita che l’emigrato affronta: da una parte, lo sradicamento dal Paese d’origine, e dall’altra la difficoltà di esprimersi in una lingua che non gli appartiene, che non sente propria. La protagonista racconta il suo sentirsi “tornata analfabeta”, un’esperienza lacerante per una donna che fin da piccola aveva trovato rifugio e libertà nei libri e nella lettura.

“Lingua Matrigna” non è solo uno spettacolo toccante dal punto di vista emotivo, ma ha anche una forte valenza educativa e sociale. I rimandi all’attualità sono evidenti: la narrazione delle difficoltà legate all’integrazione linguistica e culturale offre un’opportunità preziosa per riflettere sul fenomeno migratorio, che non è solo cronaca di oggi, ma esperienza universale e senza tempo. La pièce potrebbe essere proposta nelle scuole come strumento di educazione e sensibilizzazione, per aiutare i giovani – soprattutto quelli di seconda generazione – a comprendere le esperienze dei loro genitori, e per avvicinare il pubblico a tematiche che spesso vengono vissute come distanti o scomode.

Questo spettacolo è un viaggio nei ricordi e nelle emozioni di chi ha vissuto il trauma dell’esilio, ma è anche un invito a non dimenticare che dietro ogni storia di migrazione c’è un essere umano con il suo bagaglio di esperienze, dolori e speranze. “Lingua Matrigna” ci costringe a guardare oltre la superficie, a riconoscere la complessità e la profondità del vissuto di chi si trova a vivere tra due mondi.

Non perdete l’occasione di assistere a questa straordinaria rappresentazione: “Lingua Matrigna” sarà in scena al Teatro Tordinona fino al 27 ottobre. Uno spettacolo che merita di essere visto, perché capace di farci riflettere e commuovere, ma soprattutto di farci capire un po’ meglio cosa significhi essere stranieri in una terra che, per quanto accogliente, non sarà mai veramente nostra.

Barbara Lalle

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