La Germania, guidata dal socialdemocratico Olaf Scholz, non esita a rimpatriare migranti verso un Afghanistan tutt’altro che sicuro, e la Polonia di Donald Tusk, tra i leader del Ppe, revoca il diritto d’asilo a chi arriva dalla Bielorussia, «in Italia è diverso», afferma Lucio Malan, presidente dei senatori di Fratelli d’Italia: denunciando così l’ipocrisia della sinistra europea e mettendo in luce una palese discrepanza tra principi dichiarati e azioni concrete.
In Italia l’apertura di hub in Albania rappresentava un tentativo di gestire la crisi in modo più strutturato, creando punti di controllo e smistamento fuori dai confini nazionali. Un progetto che, a detta degli alti vertici europei, potrebbe alleviare la pressione sulle coste italiane e ridurre i flussi incontrollati nel Mediterraneo. Tuttavia, proprio quando l’iniziativa sembrava poter segnare un passo avanti, la magistratura, di orientamento dichiaratamente progressista, ha bloccato il piano: dimostrando come la sinistra sia pronta a sabotare soluzioni pragmatiche pur di mantenere un’agenda politica immigrazionista. «Forse perché ci sono dei magistrati, e lo dichiarano anche, che si fanno ispirare nell’interpretazione delle leggi dalle loro convinzioni politiche», spiega Malan. Il senatore meloniano sottolinea come uno dei giudici coinvolti nel caso di Roma, l’ormai “celebre” Silvia Albano, sia nota per essere un’attivista e sostenitrice delle Ong.
Chi è Silvia Albano, la giudice che ha bloccato il protocollo Italia-Albania
Sessantatrè anni, è la giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma che ha firmato con fierezza il provvedimento che ha bloccato per il momento l’applicazione del protocollo Italia-Albania. Toga d’assalto, non brilla per imparzialità se è vero che da leader di Magistratura democratica, la corrente di sinistra dell’Associazione nazionale magistrati, non ha mai nascosto la sua avversione per il governo Meloni, soprattutto sul delicato dossier immigrazione.
Basta andare indietro di qualche anno: il 1° ottobre 2021 Md organizza a Reggio Calabria un convegno dedicato alle violazioni dei diritti umani fondamentali dei migranti dal titolo “Un mare di vergogna”. Sul palco tra i relatori c’è anche Silvia Albano, insieme a militanti di Amnesty International e Medici senza frontiere. Il 22 ottobre 2022, giorno dell’insediamento del nuovo governo, Md aderisce alla manifestazione “della società civile” per la revoca del memorandum con la Libia. Il successivo 7 novembre Md a guida Albano prende di mira i decreti “anti-Ong”. Poi c’è la tragedia di Cutro. Il 26 febbraio 2023 Md ribadisce “Nessuna politica potrà fermare i flussi migratori. Magistratura democratica non intende rimanere in silenzio”. Il successivo 11 marzo le toghe attaccano la riforma della protezione speciale. Il 16 aprile aderiscono alla manifestazione “Invertire la rotta” per protestare contro la conversione in legge del “decreto Cutro”. Silvia Albano è sempre in prima linea.
Toga rossa d’assalto contro il governo Meloni
Già nel luglio 2021 pubblicava come immagine temporanea del profilo un logo floreale con la scritta “Stop accordi con l’Albania”. Prima ancora il 9 maggio 2020 partecipava alla raccolta fondi per il compleanno di Giulietta per sostenere le navi delle ong. Ma il meglio viene il 30 settembre 2023 con un lungo post per celebrare le “decisioni molto importanti prese dal Tribunale di Catania”, cioè la non convalida del trattenimento di un cittadino tunisino nel centro di Pozzallo, in spregio al decreto ministeriale. Non si contano le iniziative della Albano a sostegno del Pd e della sinistra radicale, che preparano il terreno per la pugna con Palazzo Chigi sui migranti. “In questo difficile contesto si inserisce il lavoro del giudice. Chiamato a garantire la tutela dei diritti fondamentali dei migranti, ad applicare le norme primarie ei princìpi, inderogabili delle Carte, delle Convenzioni, del diritto dell’Unione, e delle Costituzioni”, scrivono. Ed è l’antipasto di quanto è accaduto pochi giorni fa con il dietrofront sull’Albania.
Per Silvia Albano non è meno odioso il “decreto sicurezza”, e il 17 settembre Md diffonde una nota che attacca Palazzo Chigi colpevole di esprimere una visione “fortemente orientata al versante dell’autorità». Il decreto – scrivono le toghe rosse- è “espressione di una logica penale principalmente repressiva e muscolare”.