Unifil, la missione Onu, il ruolo dell’Italia e la violenta arroganza israeliana

E’ di 1.256 militari italiani la consistenza massima annuale autorizzata dall’Italia per il contingente nazionale impiegato in Unifil, 374 mezzi terrestri e sei mezzi aerei. Sono i numeri della missione dell’Onu in Libano finita sotto i colpi dei soldati israeliani che hanno colpito il quartier generale e due basi a comando italiano.

La missione Unifil, come si ricorda sul sito web della Difesa, è nata con la risoluzione 425 adottata il 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in seguito all’invasione del Libano da parte di Israele (marzo 1978). Successive risoluzioni hanno prorogato, con cadenza semestrale, la durata della missione. “Prima della crisi di luglio/agosto 2006 la missione delle forze Unifil era quella di verificare il ritiro delle truppe israeliane dal Libano, assistere il governo libanese nel ristabilire la propria autorità nell’area ripristinando così la sicurezza e la stabilità internazionale”, si legge sul sito web del ministero della Difesa.

Con la risoluzione 1701 dell’11 agosto 2006 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha previsto il potenziamento del contingente militare di Unifil. Tra i tanti scopi della missione monitorare la cessazione delle ostilità, accompagnare e sostenere le Lebanese Armed Forces (Laf) nel loro rischieramento nel Sud del Paese, comprendendo la Blue Line, prevenire la ripresa delle ostilità, mantenendo tra la Blue Line e il fiume Litani una area cuscinetto libera da personale armato, assetti ed armamenti che non siano quelli del governo libanese e di Unifil. Attualmente Unifil, si legge sul sito della Difesa, continua a monitorare il rispetto del cessate il fuoco ed il rispetto della Blue Line. Le attività operative attualmente svolte da Unifil consistono in: osservazione da posti fissi; condotta di pattuglie; realizzazione di check-point; collegamento con le Forze Armate libanesi e pattugliamento marittimo.

Le speranze di una tregua tra Israele e Hezbollah appaiono ancora lontane dal concretizzarsi. Secondo fonti informate a Beirut, citate dai media arabi, l’attuazione della risoluzione 1701 dell’Onu, che prevede la cessazione delle ostilità lungo il confine libanese-israeliano, rimane “più vicina ai desideri che alla realtà”.

Secondo quanto sostiene un editoriale del quotidiano indipendente libanese Annhar pubblicato nella versione online, la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ”è collassata” e il Libano ha bisogno di una risoluzione ”più forte” perché ”l’attuale guerra tra Israele e Hezbollah non finirà nello stesso modo in cui è finita quella del 2006”.

Annhar rimarca che ”l’ultima guerra, 18 anni fa, si è conclusa con un accordo internazionale-regionale che prevedeva che Hezbollah non avrebbe più provocato Israele, né minacciato la sicurezza dei suoi confini settentrionali. L’accordo è stato tradotto con la risoluzione 1701 emessa dal Consiglio di Sicurezza il 12 agosto 2006, dopo la quale i combattimenti si sono fermati ed entrambe le parti hanno stipulato una lunga tregua, che si è conclusa in pratica l’8 ottobre 2023”.

Ma ”la verità è che la tregua è prevalsa per quasi due decenni, favorendo un grande sviluppo sociale ed economico delle popolazioni del sud”, mentre ”Hezbollah rafforzava la propria capacità militare nel cuore delle aree che avrebbero dovuto essere libere da armi e militanti”, sottolinea l’editoriale. ”E’ vero che Israele ha violato la risoluzione centinaia di volte violando lo spazio aereo libanese, ma è anche vero che Hezbollah ha continuato a svuotare la risoluzione del suo contenuto pratico, arrivando al punto di attaccare sistematicamente il Unifil”, aggiunge il quotidiano.

”Anche se chi resta al comando di Hezbollah scommette sul fatto di ristabilire un certo equilibrio con gli israeliani”, lo scenario ”sarà legato alla grande decisione che deve essere presa a livello internazionale e regionale riguardo al destino di Hezbollah come organizzazione militare. Il partito come entità politica e sociale è fuori discussione. Il problema sono le armi e il suo ruolo militare e di sicurezza al livello regionale”.

Fonti Onu, riprese dall’agenzia Reuters, hanno dichiarato che “soldati israeliani hanno sparato contro posizioni dell’Unifil nel sud del Libano”. L’esercito di Israele ha aperto il fuoco su una delle basi italiane lungo la linea di demarcazione con il Libano. Lo riferiscono  fonti dell’intelligence militare libanese, secondo cui Israele ha aperto il fuoco contro la base UNP 1-31 sulla collina di Labbune, nell’area di responsabilità del contingente italiano. Secondo le fonti locali, dopo che un drone israeliano ha ripetutamente sorvolato la base, i colpi israeliani hanno preso di mira l’ingresso del bunker dove sono rifugiati i soldati italiani. Nell’attacco, affermano le fonti, sono stati danneggiati i sistemi di comunicazione tra la base e il comando Unifil a Naqura. Secondo quanto riferiscono le fonti, non ci sono militari italiani tra i feriti. Nell’attacco sono rimasti invece lievemente feriti due soldati indonesiani.

Gli spari avrebbero colpito, in particolare, le telecamere di sorveglianza che circondano le basi. Alcuni dispositivi che si trovano negli avamposti italiani di due basi di Unifil sono state distrutte da colpi di armi portatili. L’episodio sarebbe avvenuto alla base di Naqura, dove il luogo sarebbe stato preso di mira dall’esercito israeliano.  Intanto la polizia israeliana e lo Shin Bet hanno reso noto di aver sventato un piano di cinque cittadini arabo-israeliani legati all’Isis per compiere un attentato con autobomba al centro commerciale Azrieli di Tel Aviv. L’attacco è gravissimo.

La nota di Unifil: attacco deliberato

«Ieri i soldati delle forze israeliane di difesa hanno deliberatamente sparato e disattivato le telecamere di monitoraggio perimetrale della posizione. Hanno anche deliberatamente sparato su UNP 1-32A, dove si tenevano regolari riunioni tripartite prima dell’inizio del conflitto; danneggiando l’illuminazione e una stazione di trasmissione». Così in una nota la missione Unifil in Libano. «Ricordiamo all’Idf e a tutti gli attori i loro obblighi di garantire la sicurezza e la protezione del personale e delle proprietà delle Nazioni Unite. E di rispettare l’inviolabilità dei locali delle Nazioni Unite in ogni momento – prosegue Unifil -. Le forze di peacekeeping dell’Unifil sono presenti nel Libano meridionale per supportare un ritorno alla stabilità sotto il mandato del Consiglio di sicurezza. Qualsiasi attacco deliberato alle forze di peacekeeping è una grave violazione del diritto internazionale umanitario e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza».

Israele è concentrato sulla lotta contro Hezbollah e chiede alle forze dell’Unifil nel sud del Libano di spostarsi a nord. Questa la raccomandazione arrivata poche ore dopo che il quartier generale della missione Onu e due basi italiane sono state raggiunte da colpi di armi da fuoco da parte dell’Idf, le forze di difesa israeliane, provocando il ferimento di due caschi blu.

“La nostra raccomandazione è che l’Unifil si sposti di cinque chilometri a nord per evitare pericoli mentre i combattimenti si intensificano e la situazione lungo la Blue Line resta instabile a causa dell’aggressione di Hezbollah”, ha affermato l’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Danny Danon, in una nota.

Secondo quanto ha riferito sul social X il giornalista di Axios e Walla news, Barak Ravid, citando alti funzionari israeliani e funzionari della stessa missione Onu, “nei giorni scorsi l’Unifil ha respinto la richiesta israeliana di evacuare le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite dalle loro posizioni nel Libano meridionale, nei pressi del confine con lo Stato ebraico”.

“L’organizzazione terroristica Hezbollah opera all’interno e in prossimità di aree civili nel Libano meridionale, comprese le aree vicine alle postazioni Unifil”, la posizione delle Idf in una nota. Nella mattinata del 10 ottobre “le truppe dell’Idf hanno operato nell’area di Naqoura, accanto a una base Unifil. Di conseguenza, l’Idf ha ordinato alle forze Onu nell’area di rimanere in spazi protetti, dopodiché le forze hanno aperto il fuoco nell’area”.

Nonostante l’attacco, fonti militari italiane in Libano ribadiscono che “restiamo nelle nostre basi a fare il nostro dovere fin quando ci sarà consentito dall’Onu e dalla Difesa”.

Per ora restiamo”, ma “si mette male“, ha dichiaratp dal canto suo un funzionario delle Nazioni Unite al Washington Post, parlando a condizione di anonimato. “Sono sempre più in pericolo” i peacekeeper dell’Unifil schierati in Libano, la loro “sicurezza è sempre più a rischio”, ha detto Jean-Pierre Lacroix, capo del Dipartimento Onu per le Operazioni di pace nel mondo, intervenendo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. “Il continuo impegno dei paesi che contribuiscono con le truppe” all’Unifil, “così come il continuo sostegno unito di questo Consiglio sono più importanti che mai”, ha aggiunto. I peacekeeper “restano nella loro posizione” per la gran parte mentre i rischi per loro sono in fase di valutazione, prosegue citando limitazioni nella capacità dell’Unifil di agire a causa delle operazioni che l’Idf sta conducendo.

“Israele apprezza l’assistenza dei Paesi donatori di Unifil, in particolare dell’Italia, e li ringrazia per il loro tentativo di prevenire un’escalation nella nostra regione”. E’ la nota dell’ambasciata israeliana che ricordando che “dall’8 ottobre Hezbollah ha lanciato migliaia di missili contro Israele e decine di migliaia di cittadini israeliani sono stati costretti a evacuare le proprie case nel nord”. Inoltre, ha aggiunto l’ambasciata, “sfortunatamente Hezbollah sta cercando di nascondersi vicino alle basi Unifil e Israele ha già scoperto tunnel e depositi di armi vicino a quell’area”.

Per questo, ha proseguito la nota, “Israele ha raccomandato più volte ai militari italiani dell’Unifil di ritirare parte delle loro forze dall’area per ragioni di sicurezza, ma purtroppo la richiesta è stata respinta”. Infine, conclude, “Israele sta investigando su quanto accaduto con grande attenzione e continuerà a compiere ogni sforzo possibile per non colpire le forze dell’Onu e le persone non coinvolte nel conflitto in corso con Hezbollah”.

Usa preoccupati

Gli Stati Uniti si sono detti “estremamente preoccupati” per le notizie secondo cui le forze israeliane avrebbero aperto il fuoco sulle postazioni dell’Unifil, le forze di peacekeeping dell’Onu presenti nel Libano meridionale. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti stanno facendo pressione su Israele per ottenere i dettagli su quanto accaduto, ha affermato un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca a Washington.

“Sappiamo che Israele sta conducendo operazioni mirate nei pressi della Blue Line per distruggere le infrastrutture di Hezbollah che potrebbero essere utilizzate per minacciare i cittadini israeliani. Mentre intraprendono queste operazioni, è fondamentale che non minaccino la sicurezza e la protezione delle forze di peacekeeping delle Nazioni Unite”, ha detto il portavoce.

Sull’attacco è arrivata la protesta formale dell’Italia e la condanna della comunità internazionale. Il Governo italiano -riferisce una nota – ha formalmente protestato con le Autorità israeliane e ha ribadito con fermezza che quanto sta accadendo nei pressi della base del contingente Unifil non è ammissibile Anche per questo, il Governo, attraverso il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha convocato l’ambasciatore d’Israele in Italia.

Gli atti ostili compiuti e reiterati dalle forze israeliane potrebbero costituire un crimine di guerra e una violazione del diritto internazionale non giustificata.  Le Nazioni Unite e l’Italia non possono prendere ordini da Israele”, ha detto il ministro della Difesa in una conferenza stampa a Palazzo Chigi.

Francia e Italia riuniranno i Paesi europei che contribuiscono a Unifil a seguito di quanto avvenuto, ha riferito il sito di Le Monde, citando il ministero delle Forze Armate francesi. L’incontro, si legge sul sito, si svolgerà in videoconferenza e si terrà la prossima settimana in una data ancora da definire. Spagna e Irlanda sono gli altri contributori europei dell’Unifil.

Anche il governo spagnolo ha condannato “con fermezza” l’attacco. Il ministero degli Esteri di Madrid ha avvertito che queste azioni costituiscono una “violazione gravissima” del diritto internazionale umanitario. “Gli attacchi contro le operazioni di mantenimento della pace costituiscono una violazione gravissima del diritto internazionale umanitario e della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza” che stabilisce il mandato dell’Unifil, ha sottolineato il governo spagnolo, che ha chiesto “alle parti”, cioè a Israele e a Hezbollah, di “garantire la sicurezza” delle truppe della missione Onu.

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