Unioni Civili, Scalfarotto e sciopero della fame

Con un post pubblicato sul suo blog, il sottosegretario alle Riforme Ivan Scalfarotto annuncia di avere intrapreso lo sciopero della fame per attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica “sul drammatico ritardo dell’Italia in tema di diritti civili”. Il 25 giugno è morto Stefano, scrive Scalfarotto, che da oltre vent’anni era il compagno di Cesare, un uomo che non conoscevo e che dal settembre scorso mi scriveva per parlarmi della loro battaglia contro un linfoma non Hodgkin. Ci siamo scritti per un po’ di volte, Cesare e io. Gli ho raccontato dell’impegno pubblico e forte del presidente Renzi, gli ho detto delle complesse procedure parlamentari, l’ho incoraggiato a tenere duro perché questa sarebbe stata finalmente la volta buona. Ma il 25 giugno Stefano è stato ucciso dal suo linfoma. Il mondo si è mosso in avanti con balzi da gigante, a partire dal referendum irlandese alla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti ed abbiamo appreso che i diritti dei gay nel mondo occidentale sono considerati a pieno titolo diritti umani. Che l’uguaglianza tra i cittadini è un valore universale. Scalfarotto ribadisce la propria fiducia circa la serietà e la determinazione con la quale il Partito Democratico sta perseguendo l’obiettivo di approvare la legge sulle Unioni civili attualmente in discussione al Senato. Ma rileva anche che la battaglia di chi è contrario all’uguaglianza è combattuta nel nostro Paese con strumenti evidentemente più efficaci che altrove. Per questo, prosegue Scalfarotto, ho pensato che sia arrivato il momento di fare qualcosa in più per sostenere tutti coloro che stanno lavorando a questa legge. Compiere un’azione che è parte della migliore tradizione pacifista e non violenta. E così già da lunedì mattina, 29 giugno, ho deciso di sospendere di assumere cibo fino a quando non avremo una certezza sulla data della cessazione di questa grave violazione dei diritti umani che si consuma nel nostro Paese. L’obiettivo è anche quello di aprire un dibattito nel Paese che sottragga questo tema all’idea che si tratti della battaglia di una minoranza e lo restituisca alla dignità di una questione nazionale, che investe il modo di essere e la natura stessa della nostra democrazia. Unioni civili tra persone dello stesso sesso e niente nozze gay, ma al Senato la legge sembra incamminata verso un compromesso. In realtà, mentre il premier Matteo Renzi promette un’accelerazione, si annuncia un percorso parlamentare accidentato. «A settembre la riforma verrà approvata», assicurano a Palazzo Chigi. Sulla carta l’accordo tra favorevoli e contrari al ddl Cirinnà pare più vicino dopo la riformulazione dell’articolo 1 della norma da parte della senatrice Pd che ne è relatrice. Adesso è stato messo nero su bianco il punto più controverso. E’ stato chiarito, infatti, come quello delle unioni civili tra persone dello stesso sesso sia un istituto giuridico del tutto nuovo e non abbia nulla a che fare con il matrimonio.  Il governo in realtà ha deciso di non esprimersi e non dà un parere ma si rimette alla commissione Giustizia di Palazzo Madama. Sulle unioni civili si fronteggiano sensibilità diverse all’interno delle forze di maggioranza e Renzi non può spingersi fino a emarginare Ncd, la componente più sensibile alle critiche.  Improbabile che si faccia in tempo entro l’inizio di agosto a votare la montagna di emendamenti e sub-emendamenti depositati in commissione, trecento dei quali a sola firma di Carlo Giovanardi. Gli emendamenti al testo, oltre quattromila, sono stati di fatto quasi dimezzati dopo il vaglio di ammissibilità, ma ancora non si è entrati nella fase di votazione. Se nella maggioranza non trovano l’accordo il testo non riuscirà ad uscire dalla commissione. A settembre, dopo la piazza gremita di San Giovanni, tornerà a riunirsi il Family Day. 

Roberto Cristiano

 

 

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