Un uomo solo al comando, capace col suo lavoro ossessivo di modificare il corso della piccola storia del calcio. In venti giorni, Antonio Conte ha plasmato l’Italia trasformandola da brutto anatroccolo a piccolo cigno. Per spiccare decisamente il volo agli Europei ce ne vuole ancora, e prima degli altri lo sa il commissario tecnico che ha trasformato un gruppo di giocatori considerati poco più di gregari in una squadra che i grandi del pallone stanno ricominciando a temere.. Primo dato, il Belgio dei talenti (fino a pochi mesi fa numero 1 delle classifiche mondiali) impotente di fronte all’organizzazione di gioco voluta fortemente dal ct. Poi l’Europa che riscopre la solidità della tradizione azzurra, tra soddisfazione per il ritorno nella nobiltà continentale e timori di dover spartire gloria con un avversario scomodo; e infine l’Uefa pronta a certificare che nessuno corre come la nazionale di Conte, qui a Euro 2016. La sua piccola campagna di Francia da vero e proprio condottiero, il ct postMondiale l’ha preparata in tre settimane. Un ‘duce giusto” (come lo definisce qualche collaboratore), e la definizione e’ nel senso latino e non storico-moderno del termine; un lavoratore ‘maniacale’, di assoluta personalità, capace di farsi seguire con devozione assoluta e di sudare in campo senza mai perdere il sorriso. Perche’ il lavoro da allenatore e’ la sua vita, il suo ambiente naturale, e per chiunque lavori al suo fianco diventa naturale non perdere mai la bussola, in qualsiasi momento, senza peraltro sentire più di tanto il peso della fatica o del ritiro: questo dicono di lui, dall’interno dell’albergo di Montpellier. Sulla strada del suo successo, Antonio Conte dissemina sassolini premonitori a ogni passo.
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