Era il 26 settembre 1960 quando andò in scena il primo dibattito televisivo della storia della politica americana e mondiale. Da una parte Richard Nixon, repubblicano, già da sette anni vice di Dwight Eisenhower alla Casa Bianca; dall’altra il suo sfidante democratico, il senatore John F. Kennedy che poi vinse le elezioni presidenziali, ribaltando le previsioni della vigilia. Le tv americane ritagliano ogni quattro anni la replica del duello televisivo e presidenziale, richiamando folle oceaniche. Cinquantasei anni fa venne fissato il record dell’audience: 70 milioni di telespettatori, ovvero, l’America praticamente paralizzata davanti alla tv. Quelli che videro il duello preferirono Kennedy, mentre quelli che si limitarono ad ascoltare optarono per Nixon. I primi per numero erano largamente superiori ai secondi. Nixon, l’uomo delle bugie del Watergate e Kennedy che riuscì a superare le perplessità degli elettori democratici che lo ritenevano troppo giovane, troppo inesperto e cattolico. Consideriamo che Kennedy è stato l’unico presidente cattolico in America, ovvero un Paese che ha sempre privilegiato i wasp, cioè white, aglo-saxon protestant, ovvero, bianchi, anglosassoni e protestanti. Al di là di questo, di fronte al nuovo mezzo di comunicazione, ovvero la tv, Kennedy apparve a suo agio e il dibattito che si svolse negli studi della Cbs di Chicago aprì l’era della telecrazia dove non conta ciò che si propone, ma il modo in cui ci si espone, ed il modo in cui si espone. Oggi si ripete il rito con due contendenti a confronto, da un lato Hillary Clinton e dall’altro Donald Trump. Moderatore, Lester Holt. Veterano di Nbc News, Holt era all’esordio in un dibattito presidenziale ed ha avuto il compito di mantenere l’ordine, e soprattutto, di interrompere i candidati nel caso di affermazioni scorrette. Holt in gennaio ha condotto un forum delle primarie democratiche e nel corso della campagna elettorale ha intervistato Clinton e Trump tre volte ciascuno. I primi rilievi, e le prime valutazioni, ci dicono che Hillary ha vinto e ‘The Donald’ ha resistito 15 minuti prima di lasciarsi andare ai suoi deliri incomprensibili, e alle parole d’ordine come ‘legge e ordine’ e ‘faremo una nuova America’. Non ha controllato il suo egocentrismo, mancando di strategia, tanto da insultare ripetutamente Barack Obama, che nel dibattito non c’entrava per nulla. Il dibattito può essere decisivo per delineare il voto degli indecisi, ovvero, quelli che non hanno deciso per chi votare. Di certo c’è che un centinaio di milioni di americani si e’ piazzato davanti alla Tv per seguire il dibattito politico. Per ora la Clinton vince il primo duello tv con Trump, come sancito di primi sondaggi lampo effettuati dai principali media americani. Un sondaggio della Cnn dà Hillary vincente a parere del 62% degli intervistati. L’atteso faccia-a-faccia Clinton-Trump ha segnato anche il debutto di Elettoma, un algoritmo che seleziona in tempo reale tutti i commenti in circolazione su Twitter, fornendo immediatamente il quadro delle reazioni del pubblico durante il dibattito. Messo a punto dal Massachusetts Institute of Technology (Mit), l’algoritmo, oltre al flusso di tweet analizza il flusso di notizie sui media tradizionali e le classifica in base agli argomenti del dibattito. Lo scopo, ha osservato Deb Roy, direttore del Laboratorio di Macchine sociali del Mit, è vedere come i due flussi si intersecano o divergono, e se ci sono differenze sistematiche nella copertura delle notizie sui media, rispetto a ciò che viene discusso su Twitter. Per esempio, è stata già notata una sostanziale differenza durante la selezione dei candidati alla vicepresidenza Usa: per due settimane un terzo delle notizie dei media era su questo argomento ma solo il 3% dei tweet era sulla vicepresidenza. Ricordiamo che sono previsti altri due dibattiti, il 9 e il 19 ottobre. I due pretendenti alla Casa Bianca si sono scontrati su economia, sicurezza, politica estera, questione razziale, confermando due visioni opposte sul futuro da costruire per l’America. A regalare qualcosa in più all’ex segretario di Stato è stata la sicurezza mostrata nel confronto sulla politica estera, con un Trump impacciato, vago e aggressivo contro la sfidante: ‘Non ha la tempra e l’energia per fare il presidente. Io ho il carattere da vincente’. La replica della Clinton è stata secca: ‘Donald deve dimostrare di poter visitare 112 paesi come ho fatto io da segretario di Stato. Così insulta solo le donne’. Per la cronaca Trump, completo blu notte e cravatta blu, l’ex first lady in un completo rosso, ‘total red’, dalla testa ai piedi. Rosso, colore dei papi e degli imperatori, che brilla senza intimidire. Una scelta dettata dalla necessita’ di ispirare passione, perche’ Hillary di presidenziale e professionale ha gia’ molto. Trump invece sceglie un sobrio blu, in varie tonalità e l’obiettivo, nel suo caso, e’ rassicurare. Il blu infatti simbolizza la fiducia, la lealta’ e la forza. Tutto quello che Trump ha bisogno di trasmettere, e che si contrappone alle scelte effettuate in passato, con la cravatta rossa a spiccare. Scelte di colori quindi significative. Hillary sceglie il rosso colore dei repubblicani, e Trump il blu dei democratici, anche per cercare di far breccia nel cuore dei colletti blu che compongono la base democratica. Scelte simboliche che mostrano l’evoluzione dei candidati: Trump contrappone alla sua forza e alla sua energia naturale un blu rassicurante per darsi un tono presidenziale. Si è visto comunque che un Trump senza l’arma della provocazione, e del politicamente scorretto, ha reso la serata più agevole per Hillary Clinton, mai messa seriamente sotto pressione e in grado di gestire la situazione con grande serenità e sicurezza. L’ex segretario di stato ha ricordato come sia ‘inaccettabile e sconcertante’ che Trump simpatizzi per Vladimir Putin e inviti gli hacker russi ad attaccare l’America. E’ forse il momento di maggior difficoltà per il candidato repubblicano, che viene rintuzzato efficacemente anche sul capitolo Iran: ‘Noi con le sanzioni abbiamo piegato Teheran, Trump avrebbe fatto la guerra’. Lester Holt, ricorda a Trump di aver sostenuto per anni che Obama fosse ineleggibile perché nato in Kenya. ‘Una menzogna razzista’, l’ha definita Hillary.
Roberto Cristiano