Mike Pence non intende invocare il 25/o emendamento e strappare i poteri a Donald Trump. “Non è nell’interesse del paese o in linea con la Costituzione”, ha detto in una lettera indirizzata alla Speaker della Camera, Nancy Pelosi.
Una missiva che è arrivata mentre in aula era in corso il dibattito sulla risoluzione per chiedere proprio al vicepresidente di ricorrere al 25/o emendamento e rimuovere Trump.
Il dibattito e il voto sono andati avanti lo stesso: la risoluzione è stata approvata con 223 voti a favore e 205 contrari. Ma si tratta di un via libera puramente simbolico dopo lo schiaffo di Pence che, oltre a chiudere alla rimozione di Trump, ha esortato anche Pelosi e il Congresso a “evitare azioni che dividerebbero e infiammerebbero ulteriormente la passione del momento”.
Con il no secco di Pence i democratici si preparano ora a procedere con l’impeachment, il secondo per Trump. Il presidente è sempre più isolato e il suo stesso partito ne sta prendendo le distanze. L’elenco dei deputati repubblicani che intendono votare a favore dell’impeachment si allunga con il passare delle ore. A rompere il ghiaccio è stato John Katko di New York, seguito da Liz Cheney. La figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney e terza nella gerarchia repubblicana alla Camera ha usato parole dure contro Trump, accusato di aver “acceso il fiammifero” delle proteste.
L’annuncio di Liz Cheney segue le indiscrezioni su Mitch McConnell. Il leader dei repubblicani in Senato, e per anni alleato del presidente, sarebbe furioso con Trump per le proteste in Congresso e lo riterrebbe responsabile di offese da impeachment. McConnell – riporta il New York Times – vedrebbe la messa in stato di accusa come la strada maestra per “liberare” il partito da Trump. Nelle ultime ore McConnell avrebbe avuto contatti anche con Joe Biden. Il presidente eletto gli avrebbe chiesto se riteneva che il Senato potesse in parallelo occuparsi della conferma delle sue nomine e dell’impechament. McConnell gli ha assicurato una risposta al più presto.
Intanto proseguono i preparativi per la cerimonia di insediamento di Biden. I 15.000 agenti della Guardia Nazionale a Washington saranno in parte armati, e il Secret Service sta allestendo una maxi-operazione di sicurezza per blindare la città. Il timore è di nuove proteste violente: almeno 16 gruppi, di cui alcuni armati, si sono fatti avanti per manifestare.