Il modello di riferimento a cui starebbe guardando il premier Mario Draghi per dare un nuovo impulso alla campagna di vaccinazione contro il Covid-19 in Italia è quello inglese: somministrare il farmaco il prima possibile a una fetta più larga possibile di popolazione. Basta immagazzinare una parte di dosi, finora il 30%, per il richiamo. Una svolta da imprimere al piano vaccinale, in attesa che vengano ristabilite le forniture delle case farmaceutiche, che dovrebbe portare alla disponibilità immediata di due milioni di vaccini in più.
Con le tempistiche attuali delle consegne, il traguardo fissato al 70% di immunizzazione della popolazione si raggiungerebbe tra oltre due anni, un orizzonte non sostenibile. Draghi starebbe quindi spingendo sulla nuova strategia, sulla base di studi scientifici che dimostrano l’efficacia della monodose, ma in contrapposizione con le indicazioni dell’Ema, che stabilisce la seconda dose dopo 4-12 settimane, e dei sistemi applicati dagli altri 27 Paesi europei.
Nel Regno Unito ad oggi sono state somministrate più di 19 milioni di prime dosi, ma soltanto circa 700mila seconde iniezioni.
Secondo il Financial Times, nel Regno Unito a partire dalla seconda settimana di febbraio, quando si è raggiunto quota 50% delle prime dosi somministrate agli over 80, si è osservata una riduzione delle ospedalizzazioni maggiore tra gli ultra ottantacinquenni rispetto alle persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni.
Tra i diversi studi in merito, una ricerca condotta in Israele dallo Sheba Medical Center ha rilevato che il vaccino Pfizer-BioNTech potrebbe avere un’efficacia fino all’85% già dopo la prima dose nel proteggere dai sintomi dell’infezione.
L’ipotesi è stata avanzata dal primo ministro italiano durante il consiglio europeo di giovedì. L’Italia sarebbe il primo Paese Ue a prendere una strada diversa rispetto agli altri membri dell’Unione, a parte nazioni di portata demografica inferiore che lo hanno già fatto come Irlanda, Danimarca e Svezia.
In teoria Roma non violerebbe nessuna regola europea, perché l’Ema esprime raccomandazioni e non decisioni vincolanti sui vaccini. Ma l’agenzia europea del farmaco avvisa che nel caso di adozione del modello inglese “lo Stato italiano si prenderà la responsabilità” e da Bruxelles ricordano che le linee guida europee raccomandano la strategia della doppia dose perché non ci sono studi validati dall’Ema sull’efficacia della singola iniezione senza richiamo nei tempi stabiliti.
Sull’argomento gli esperti del Cts non sono tutti della stessa opinione. Gianni Rezza non esclude questa possibilità, Franco Locatelli del Consiglio superiore di sanità, non sarebbe molto convinto di rinunciare alle scorte per la seconda dose.
Totalmente contraria invece l’immunologa dell’Università di Padova, Antonella Viola: “Draghi ha azzardato a dire di somministrare una sola dose. Ha fatto un gravissimo errore. Non si deve giocare a dadi con la salute delle persone. Con una sola dose di vaccino avrò pochi anticorpi che spariscono rapidamente”, ha spiegato.
“Ci sono due grandi problemi: uno è quello di salute pubblica, l’altro è quello di metodo scientifico. E noi ci possiamo basare sull’evidenza o sull’intuito. L’idea di vaccinare con una sola dose è intuitiva. Ma non ci sono dati scientifici per dire che così proteggiamo adeguatamente i vaccinati. C’è invece evidenza che potremmo favorire lo sviluppo di varianti“.
L’obiettivo: produrre vaccini in Italia. E infatti nell’esordio al Consiglio Europeo, vertice straordinario in videoconferenza, il premier Mario Draghi usa parole severe e chiede cose precise: accelerare anche producendo in casa, mentre “le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate”. Tanto che l’ex numero uno della Bce ha proposto un blocco delle esportazioni per impedire di vendere le dosi all’estero se non bastano quelle della Ue. “Massima disponibilità di strumenti normativi e mezzi finanziari”, ci mette la faccia il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, dopo due ore di incontro con il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi. Che porge la mano: “Siamo pronti a collaborare”. AstraZeneca: caos regioni: 9 dosi su 10 in frigo…
Draghi ha anche fissato un successivo obiettivo: produrre vaccini in Italia. E infatti nell’esordio al Consiglio Europeo, vertice straordinario in videoconferenza, il premier Mario Draghi usa parole severe e chiede cose precise: accelerare anche producendo in casa, mentre “le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate”. Tanto che l’ex numero uno della Bce ha proposto un blocco delle esportazioni per impedire di vendere le dosi all’estero se non bastano quelle della Ue.
‘Il problema è avere una disponibilità del vaccino che deve essere enorme. Se noi non vacciniamo tutto il mondo, il virus ritorna indietro. Siccome siamo 7 miliardi da vaccinare, se non almeno 5 o 6, abbiamo bisogno di 10 miliardi di vaccino: quest’anno ne produrremo 2. Se non cambia la musica è un vero disastro”, ha detto l’ex premier Romano Prodi intervenendo all’incontro su “Democrazia e futuro dell’Europa: lo stato delle cose”, organizzato a Napoli dalla scuola di formazione per “Architetti della Politica”.
“Nessuno dei grandi produttori europei è arrivato a fare il vaccino. E’ una cosa abbastanza strana, perché il ‘dio’ dei vaccini è l’Istituto Pasteur. I produttori sono extracomunitari e può darsi che abbiano favorito il loro governo, soprattutto quando Biden ha detto ‘facciamo una grandissima campagna’. Noi siamo rimasti evidentemente in condizioni di difficoltà dovute al fatto che ogni produttore ha favorito il suo governo” ha aggiunto Prodi. “Rimprovero la Commissione europea: per problemi di questo genere bisognava picchiare i pugni sul tavolo e dire ‘Signori qui non c’è proprietà intellettuale che tenga, tutti hanno il diritto di utilizzare la ricerca altrui'”.
“Draghi più corre e più va meglio. Siccome ritengo l’Italia un Paese scettico e depresso ma ha delle energie, Draghi non deve porsi termini ma deve fare in fretta. Mattarella lo ha indicato per togliere l’Italia dalla depressione” ha detto l’ex presidente della Commissione Ue.