L’Agenzia europea per il farmaco (Ema) ha indetto una conferenza stampa alle 14 del 16 marzo. Lo ha reso noto la Commissione Ue che ha fornito la piattaforma internet per trasmettere la conferenza in streaming. Durante l’evento, sono state comunicate novità circa lo stop temporaneo del vaccino di AstraZeneca in Italia e in diversi Paesi dell’Unione Europea, in seguito ad alcuni casi di trombosi e morti sospette.
La direttrice esecutiva dell’Ema Emer Cooke, intervenendo alla conferenza stampa, ha spiegato: “Stiamo facendo questa revisione in seguito alle preoccupazioni emerse” in seguito ai decessi avvenuti dopo la somministrazione del vaccino, sottolineando che la priorità è “assicurarci della sicurezza del vaccino“.
“Non ci sono indicazioni che le vaccinazioni possano aver provocato questi eventi”, ha sottolineato Emer Cooke, ma l’Ema sta comunque effettuando “un’analisi rigorosa sugli eventi tromboembolici“, esaminando “caso per caso le reazioni sospette”.
La direttrice esecutiva dell’Ema ha ribadito che “per il momento non ci sono indicazioni che il vaccino abbia causato queste condizioni, non sono emerse nei test clinici né sono stati indicati come effetti collaterali noti”.
Stando a quanto spiegato da Emer Cooke, sono finora 30 i casi accertati di trombosi a seguito della somministrazione del vaccino AstraZeneca, su “quasi 5 milioni di persone vaccinate”.
L’Ema ha fatto sapere che i casi accertati di tromboembolie seguiti alle vaccinazioni al 10 marzo erano 30, ma che il numero è sottostimato perché “anche nel weekend sono stati segnalati ulteriori casi”.
Il tasso percentuale di trombi ed embolie a seguito della somministrazione del vaccino contro il Covid, ha fatto sapere l’Ema, non sembra essere superiore a “quello della popolazione generale”.
“Molte migliaia di persone sviluppano trombosi ogni anno in Europa per cause di differenti”, e l’intenzione dell’Ema è di chiarire una volta per tutte se “si tratta di un effetto collaterale o coincidenza“, ha aggiunto Emer Cooke. Sono in corso di valutazione eventi collegati a tutti i vaccini, anche se “al momento sono stati riportati casi su AstraZeneca”.
La situazione che si è venuta a creare “non è imprevista”, ha detto Emer Cooke, ma secondo quanto appreso dall’Ema, il rapporto rischi-benefici del vaccino di AstraZeneca “rimane positivo, stiamo continuando a valutare possibili eventi collaterali”.
La valutazione dell’Ema è attesa per giovedì, e Emer Cooke ha sottolineato che sarà assicurata “trasparenza” e che, ancora una volta, l’obiettivo è “garantire la sicurezza del vaccino e comunicare i risultati”. Nel frattempo è in corso un’inchiesta dell’Ema su alcuni lotti specifici del vaccino di AstraZeneca.
Il ministro della Salute Roberto Speranza, intervenuto sul tema, aveva spiegato che “la decisione di ieri di sospendere AstraZeneca è di natura precauzionale ed è emersa dopo una valutazione dell’istituto tedesco per i vaccini”.
Finora il presidente del Consiglio ha scelto di non parlare, o di parlare in poche, mirate occasioni, affidando la sua comunicazione agli atti concreti e alle competenze. Adesso però fatti nuovi e imprevedibili richiedono proprio parole di verità, nell’analisi e nella risposta. Proprio la frase dal sen fuggita del vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermas sugli errori dell’Ue e dei singoli Stati membri disvelano una comune fragilità europea, nel rappresentare un coagulo unitario e attivo contro la pandemia. E nell’ambito di questa comune responsabilità, un problema serio per l’Italia, paese che sull’Europa ha scommesso più di altri, e non a caso rinuncia per ultima alle somministrazioni.
Ecco, siamo cioè di fronte al primo vero incidente dell’era Draghi, non ascrivibile a colpe specifiche di questo governo, ma che segna comunque uno spartiacque, in una fase molto delicata, perché il combinato disposto di “nuovo lockdown” e rallentamento della campagna vaccinale è miscela esplosiva. È materia da richiedere un discorso al paese, che nessun bollettino dell’Ema può sostituire. Non è una richiesta corporativa che riguarda i giornalisti, le conferenze stampa, le interviste. È un tema di “connessione sentimentale” con un paese stanco e sfibrato, che a marzo dell’anno scorso sopportò il primo lockdown con la promessa di “tornare ad abbracciarsi presto”, poi il secondo con la promessa del Natale, ora il terzo, senza promesse ma con l’idea dell’ultimo sforzo in attesa dei vaccini, eccetera eccetera, mentre il suo tessuto sociale profondo è dilaniato da una forbice che si allarga tra garantiti e non garantiti: i decreti, anche quelli più giusti, non bastano a infondere coraggio se non spiegati, soprattutto quanto si ricorre a scelte drastiche come nel caso dell’ultimo sulle chiusure, le spiegazioni scientifiche, anche le più complete per fugare dubbi, non sono sufficienti a infondere fiducia, nulla può sostituire la politica, intesa come discorso pubblico, corpo, intelligenza razionale ed emotiva.
La questione riguarda il modo stesso di intendere il governo di emergenza in una fase di emergenza: non c’è una responsabilità dell’amministrazione della cosa pubblica, da affidare alle competenze, scissa dalla responsabilità democratica assunta davanti all’opinione pubblica, propria dei governanti. Proprio Draghi, nel suo discorso di insediamento alle Camere, rifiutò ogni formula definendo, con efficacia, il suo governo come semplicemente “il governo dell’Italia”. Tra la propaganda, intesa come strumento, a volte menzognero di facile consenso e il silenzio, al “governo dell’Italia” ben si addice l’informazione, intesa come elemento fondamentale per la costruzione e la ricostruzione di un sentimento del paese. Non è solo un microfono da accendere ma è parte integrante della sfida.