Vatileaks, Gabriele a processo: “Sono innocente, ma ho tradito la fiducia del Papa”

Innocente rispetto all’accusa di furto aggravato, ma colpevole per aver tradito la fiducia del Papa. Lo ha dichiarato questa mattina Paolo Gabriele, l’ex maggiordomo del Pontefice, durante la seconda udienza del processo, in corso in Vaticano, per la fuga di documenti riservati dall’appartamento del Papa.

“Non ho avuto complici nel modo più assoluto nell’azione che mi viene contestata”, ha aggiunto l’ex maggiordomo che, rispondendo al presidente del tribunale Giuseppe Dalla Torre e al promotore di giustizia Nicolo Picardi, ha ricordato come nel corso degli interrogatori cui è stato sottoposto durante la fase istruttoria aveva “aveva fatto il nome di altre persone con cui era entrato in contatto”. Si tratta, ha aggiunto, “di un numero di persone enorme”.

Gabriele ha poi rivelato di aver consegnato dei documenti riservati,ad un sacerdote, padre Giovanni.

“Quando la situazione è degenerata – ha detto Gabriele nell’udienza – ho capito ancora più fortemente che dovevo consegnarmi alla giustizia, ma non sapevo come”.

“Il primo passo – ha aggiunto – è stato spirituale. Sono andato da un confessore a spiegare cosa avevo combinato”.

Quindi Gabriele ha portato al confessore la seconda copia dei documenti fotocopiati (l’ex maggiordomo ha detto di aver fatto in tutto due copie dei documenti, una da consegnare all’esterno e l’altra da conservare affinché rimanesse prova di quello che effettivamente riguarda le sue azioni).

Gabriele ha poi spiegato che la “raccolta di documenti è andata avanti dal 2010/2011: a volte raggruppavo le carte, seguivo il mio istinto”. Si tratta di documenti che sono stati, secondo Gabriele, “solamente fotocopiati”.

L’azione è stata motivata da Gabriele in questo modo: ho agito “per lo stato d’animo e lo sconcerto per una situazione diventata insopportabile e diffusa ad ampio raggio in Vaticano”.

Oltre a Paolo Gabriele all’udienza di questa mattina sono stati ascoltati anche alcuni testimoni come: don Georg Gaenswein, la memores Cristian Cernetti, quindi i gendarmi Giuseppe Pesce, Gianluca Gauzzi Broccoletti, Costanzo Alessandrini.

E don Georg ha detto: “Quando sono andato con i gendarmi a visionare i documenti sequestrati a Paolo Gabriele, c’erano sia documenti originali che fotocopie, i primi originali che ho visto risalivano all’inizio della presa di servizio di Paolo Gabriele, nel 2006. Ho visto documenti in copia e in originale del 2006, del 2007 e del 2008”.

Ad insospettire don Georg sono stati tre documenti dei quali tre indirizzati a lui e mai consegnati ad altri. Si tratta di una lettera di Bruno Vespa, di una lettera di un banchiere milanese e di un appunto sul caso Orlandi inviato sempre a don Georg via mail.

Il Segretario personale del Papa ha spiegato ancora: “Io sono una persona precisa e non ho mai riscontrato una mancanza di documenti . Però in questo caso devo ammettere osservato di non essermi  mai accorto della mancanza degli originali trafugati da Gabriele”. Don Georg ha poi riconosciuto gli originali dai timbri apposti sugli stessi documenti che riconducevano all’appartamento del Papa.

Ad avere contatti con Gabriele, così come emerso nella seconda udienza, anche Vincenzo Mauriello, minutante della Segreteria di Stato, e Luca Catano della confraternita di San Pietro e Paolo.

Quest’ultimo avrebbe consegnato a Gabriele il testo “Napoleone in Vaticano”, in seguito diventato un capitolo del libro di Gianluigi Nuzzi con lo stesso titolo.

Ad entrare in contatto con Gabriele anche il cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano e arciprete della basilica di San Pietro, Francesco Cavina, attuale vescovo di Carpi e fino al 2011 officiale della Segreteria di Stato presso la sezione dei rapporti con gli Stati, quindi con Ingrid Stampa, ex segretaria di Benedetto XVI, infine con il cardinale Paolo Sardi.

La seconda udienza del processo è cominciata questa mattina intorno alle 9:15. A Gabriele viene contestato dai giudici il reato di furto aggravato, mentre la posizione di Claudio Sciarpelletti, il tecnico informatico della Segreteria di Stato accusato di favoreggiamento, è stata stralciata e il processo a suo carico non ha ancora una data in calendario.

Per ora l’ex maggiordomo rischia fino a un massimo di 6 anni visto che gli viene contestato non il furto semplice ma il furto aggravato. Dovessero aggiungersi altre aggravanti la pena potrebbe crescere ancora fino a otto anni, ma questa sembra allo stato delle cose un’ipotesi improbabile.

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