Vendevano diamanti con l’inganno, multate le banche italiane. Ecco quali

Multa per oltre 15 milioni dall’Antitrust a imprese e banche, coinvolte nella vendita di diamanti per investimento. Lo annuncia l’Autorità in una nota spiegando che alla conclusione di due istruttorie, ha ritenuto ‘gravemente ingannevoli e omissive’ le modalità di offerta dei diamanti da investimento da parte di Intermarket Diamond Business – IDB e Diamond Private Investment – DPI, anche attraverso gli istituti di credito con i quali rispettivamente operavano: Unicredit e Banco BPM (per IDB); Intesa Sanpaolo e Banca Monte dei Paschi di Siena (per DPI).

I profili di scorrettezza, riscontrati per entrambe le società, hanno riguardato le informazioni ingannevoli e omissive, diffuse attraverso il sito e il materiale promozionale dalle stesse predisposto in merito: al prezzo di vendita dei diamanti, presentato come quotazione di mercato, frutto di una rilevazione oggettiva pubblicata sui principali giornali economici; all’andamento del mercato dei diamanti, rappresentato in stabile e costante crescita; all’agevole liquidabilità e rivendibilità dei diamanti alle quotazioni indicate e con una tempistica certa; alla qualifica dei professionisti come leader di mercato.

 In realtà, spiega l’Agcm, alla luce delle risultanze istruttorie è emerso che le quotazioni di mercato erano i prezzi di vendita liberamente determinati dai professionisti in misura ampiamente superiore al costo di acquisto della pietra e ai benchmark internazionali di riferimento (Rapaport e IDEX); l’andamento delle quotazioni era l’andamento del prezzo di vendita delle imprese annualmente e progressivamente aumentato dai venditori; e le prospettive di liquidabilità e rivendibilità erano unicamente legate alla possibilità che il professionista trovasse altri consumatori all’interno del proprio circuito.

L’Autorità ha, inoltre, accertato che gli istituti di credito, principale canale di vendita dei diamanti per entrambe le imprese, utilizzando il materiale informativo predisposto da IDB e DPI, proponevano l’investimento a una specifica fascia della propria clientela interessata all’acquisto dei diamanti come un bene rifugio e a diversificare i propri investimenti. Secondo l’Autorità il fatto che l’investimento fosse proposto da parte del personale bancario e la presenza del personale bancario agli incontri tra i due professionisti e i clienti, forniva ampia credibilità alle informazioni contenute nel materiale promozionale delle due società, determinando molti consumatori all’acquisto senza effettuare ulteriori accertamenti.

Una delle società coinvolte, la IDB, prende atto ma annuncia di avere dato incarico ai propri legali di impugnare il provvedimento al Tar, rilevando già da una prima lettura, come la pronuncia dell’Authority appaia inficiata da gravi errori sia nell’accertamento dei fatti, sia in linea di diritto. Ribadendo di aver agito sempre nell’interesse dei propri clienti e del mercato dei diamanti Idb osserva che “potrà finalmente, dopo mesi di sospensione dell’attività nell’attesa del provvedimento di AGCM, riprendere la vendita dei diamanti, tenendo conto, come preannunciato, delle indicazioni contenute nel provvedimento.

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