Sollevare d’urgenza le paratoie agli imbocchi della Laguna per proteggere Venezia dall’eccezionale marea dei giorni scorsi “sarebbe stato un atto di pura incoscienza. Dovete togliervelo dalla testa, il Mose non può ancora proteggere Venezia perché non è finito. Sarebbe stato come guidare una Ferrari senza i freni”. Lo ha detto, in un’intervista a ‘Repubblica’, Alberto Scotti, l’ingegnere che ha progettato l’opera.
“La decisione è stata molto sofferta. Io e i due commissari del Consorzio ci sentiamo addosso questa responsabilità. Ma in quelle condizioni sarebbe stata una follia, si rischiava l’allagamento delle gallerie dove ci sono i tecnici a lavorare. Senza collaudo, e con un solo compressore, il mare sarebbe passato sopra le paratoie”.
“Tecnicamente era possibile sollevare le barriere, ma poi non saremmo stati in grado di seguire la marea, perché gli impianti non sono pronti”, ha detto Scotti, amministratore delegato della Technital.
“Per alzarle nel tempo utile di una mezz’ora, come avverrà quando il Mose sarà a regime, servono tre compressori. Ad oggi ne abbiamo solo uno. Ci avremmo impiegato cinque ore, non aveva senso”, ha aggiunto l’ingegnere.
Sulla possibilità di azionarlo in anticipo, Scotti ha spiegato che “il Mose si può azionare solo quando l’acqua raggiunge un certo livello, intorno agli 80-90 cm. Non si può e non si deve farlo prima”.
“E comunque – ha concluso l’ingegnere – se anche avessimo chiuso le bocche del Lido e di Chioggia, lasciando aperta quella di Malamocco dove il test di prova ha mostrato vibrazioni anomale nelle condotte, sarebbe cambiato poco: forse dieci centimetri di acqua in meno rispetto ai 187 che si sono avuti”.
Se il leone coronato è il serenissimo simbolo di Venezia, l’acqua alta è la leonessa che da sempre l’accompagna. Antiche pergamene ci ricordano che, ad esempio, nell’anno domini 855 l’acqua salmastra (un misto dolce-salato) era penetrata “nelle chiese e nelle case” e che – nel 1240 – “l’acqua invase le strade più che ad altezza d’uomo”. Insomma il fenomeno tra il 1250 ed il 1300 avvenne per 6 volte e, dal 1400 e il 1550, replicò almeno 18 volte.
Le consistenti precipitazioni piovose si sono sommate alle acque reflue. E hanno riempito – per mezzo dei fiumi che versano – il “catino” lagunare. In contemporanea sintonia, quel vento di scirocco, che soffia da sud, ha fatto sì che l’Adriatico respingesse tutta l’acqua che stava scendendo dal nord. E poi, all’incontrario, ne pressasse in alto una immensa quantità che non pochi danni ha creato lungo le fasce costiere litoranea nord-orientali (Istria ed ex-jugoslave incluse). Infine neppure le cosiddette “acque nere” permanentemente fluenti hanno potuto avere un armonico deflusso verso il mare.
Il Mose non impedirà l’acqua alta ma raggiungerà il suo scopo di rallentare l’afflusso proveniente dal mare consentendo il regolare deflusso alle acque provenienti dagli insediamenti interni. Di tal guisa la ripetizione di numero delle acque alte basse e medie, almeno, dovrebbe essere di molto ridotto.
Il MOSE non è stato calibrato per ovviare le “acque grandi”. E bene ha fatto il Magistrato alle Acque a non rischiare di accenderlo quando ancora non ha avuto sperimentazione, annota Sante Perticaro.