Verso le Amministrative: la democrazia partecipata nei 10 Comuni del Messinese che vanno al voto

APPROFONDIMENTO SUI PROCESSI DI DEMOCRAZIA PARTECIPATA  NEI DIECI COMUNI DEL MESSINESE CHE ANDRANNO AL VOTO

 

Lettera aperta di “Spendiamoli Insieme” a candidati e cittadini

“La democrazia partecipata diventi tema di dibattito elettorale”

 

Sono dieci i Comuni dell’Area Metropolitana di Messina che andranno a elezioni amministrative a giugno (in contemporanea con le Europee). È ancora troppo presto per sapere se i candidati renderanno o meno la democrazia partecipata tema di dibattito elettorale. Ma il team del progetto di monitoraggio civico “Spendiamoli Insieme”, realizzato da Parliament Watch Italia con il sostegno di Fondazione CON IL SUD, ci prova a far sì che lo diventi, verificando quanto succede in ciascuno dei 10 Comuni. Una sorta di “lettera aperta” ai futuri candidati alle amministrative e, ancor di più, ai cittadini elettori per ricordare che «la democrazia partecipata è una cartina di tornasole del dialogo – o della mancanza di dialogo – tra amministratori e amministrati, perché è una partecipazione che non si esaurisce nei pochi giorni di una tornata elettorale, ma, al contrario, si sviluppa tutto l’anno, tutti gli anni».

Il monitoraggio civico di “Spendiamoli Insieme”, basato su tutte le notizie che si riesce a trovare sul web, dagli atti ufficiali agli articoli di stampa, consente di controllare se, come e quando sia stata attuata gran parte degli obblighi di legge. Basta cliccare sul Comune che interessa e sull’anno o gli anni di cui si vuole sapere di più. «Il consiglio per tutti i cittadini che si ritroveranno da qui ad un paio di mesi ad andare alle urne – conclude il team di ricercatori – è quello di dare un’occhiata a cosa succede nel proprio Comune su www.spendiamolinsieme.it. Sia per essere consapevoli dei propri diritti sia per chiedere ai candidati che tali diritti siano pienamente garantiti».

Intanto, però, ecco l’analisi Comune per Comune, da quello che ha fatto meglio in tema di democrazia partecipata (Falcone) a quelli che dovrebbero fare meglio (Brolo, Forza d’Agrò, Leni, Oliveri, Rometta e Spadafora) sino a quelli che hanno fatto peggio (Condrò, Longi, Mandanici).

Il Comune che ha fatto meglio in tema di democrazia partecipata

In tema di democrazia partecipata ha fatto bene negli ultimi anni Falcone (2.785 abitanti), Comune oggi commissariato. La cittadina ha circa 8/9 mila euro annui disponibili per la democrazia partecipata e nel 2019 ha adottato un regolamento che, tra l’altro, coinvolge i minorenni dai 16 anni in su. A Falcone inoltre si registra una buona partecipazione (per dirne una nel 2023 furono 6 i progetti presentati e 240 i votanti che scelsero quello da finanziare). Qualche nota dolente però si trova andando indietro nel tempo. Nel 2021 non è arrivata alcuna proposta e la destinazione dei fondi è stata decisa dal Comune. Nel 2020 a fronte di zero progetti dei cittadini, la scelta è stata fatta tra proposte della Commissione Consultiva per la Democrazia Partecipata e con appena 21 votanti. Ora comunque le cose vanno meglio. Resta da vedere lo svolgimento del processo nel 2024.

I Comuni che devono fare meglio in tema di democrazia partecipata

Negli ultimi anni qualcosa si è ingarbugliato nel processo di democrazia partecipata di Brolo (5.753 abitanti). La cittadina dispone di 9/10 mila euro annui e ha un regolamento del 2020 che ammette a partecipazione anche i 16enni e i 17enni). Però nel 2021 non si è votato perché le sole 3 proposte presentate risultavano tutte finanziabili; nel 2022 contrariamente a quanto previsto dal regolamento l’avviso non prevedeva la partecipazione dei minorenni e, inoltre, non si riesce a trovare il numero dei votanti; nel 2023 hanno votato in tutto 62 persone (quando nel 2020, anno per il quale il dato è noto, erano state 358). Tanti elementi che rendono evidente la necessità di comunicazione e sensibilizzazione rispetto alla democrazia partecipata e all’opportunità che rappresenta.

Succede pure a Forza d’Agrò (848 abitanti). Per la democrazia partecipata la cittadina dispone ogni anno di circa 4/5 mila euro e ha un regolamento del 2019. E però nel 2021 hanno votato in 30, nel 2022 appena in 10 e nel 2023 addirittura 5. Numeri che sono così bassi da denunciare, pur in una cittadina molto piccola, una mancata partecipazione. Anche qui coinvolgimento e informazione risultano indispensabili.

A Leni (681 abitanti), tranne che nel 2020 quando risulta una spesa, niente processi di democrazia partecipata, niente raccolta di proposte, niente espressione di preferenze. E restituzione al mittente dei circa 10 mila euro annui a disposizione. Però il regolamento di democrazia partecipata, è stato approvato giusto l’anno scorso e presenta alcuni spunti molto positivi in termini di partecipazione, per esempio il fatto che sono ammessi i minorenni a partire dai 14 anni. Vedremo quindi quest’anno se arriva il cambio di marcia.

Oliveri (2.048 abitanti) ha ogni anno circa 7/8 mila euro per la democrazia partecipata e il regolamento, datato 2019, ammette a partecipazione anche 16enni e 17enni. Tuttavia nel 2021 si faticò ad ottenere le proposte (con tanto di rinvio di scadenze ne arrivarono in tutto tre, di cui una fu rigettata perché presentata da un non residente e le due rimaste furono entrambe ammesse a finanziamento). Nel 2022 al momento di scegliere tra sei proposte nessun cittadino si presentò a votare. E l’anno scorso il processo non è stato realizzato. Il caso di Oliveri è emblematico: alla cittadinanza, con tutta evidenza, andrebbero dedicate azioni e attenzioni in più. Il coinvolgimento, nel caso della democrazia partecipata, non è un optional. È proprio il senso di tutta la procedura.

Anche Rometta (6.529 abitanti) è un caso emblematico. Le “carte” della democrazia partecipata sono a posto (il regolamento, datato 2020, ha perfino spunti di particolare interesse, come l’ammissione degli istituti scolastici pubblici a presentare le proposte progettuali); i fondi si spendono (ogni anno si tratta di circa 7.500 euro); i cittadini votano (nel 2023, per fare un esempio, i votanti furono 625). E però a “conquistare” i fondi sono sempre le “luminarie” natalizie, peraltro proposte dalla stessa associazione. È successo nel 2021 (quando vinse anche un secondo progetto, quello della Consulta Giovanile, inerente manifestazioni sportive sulla spiaggia). E poi è successo di nuovo nel 2022 e nel 2023, con le luminarie unica proposta finanziata. Ma la democrazia partecipata non è un abbonamento. Possibile che non ci sia nient’altro di buono da realizzare con i fondi annuali?

A Spadafora (4.682 abitanti) il processo di democrazia partecipata, basato su un regolamento del 2018, sembra andare a singhiozzo. Lo si deduce dal fatto che l’anno scorso fu presentato un solo progetto, ammesso automaticamente al finanziamento, saltando ovviamente la fase della votazione. Nel 2022 invece a esprimere la propria preferenza furono 888 cittadini. Davvero una percentuale alta. E a guadagnarsi i finanziamenti furono due progetti. D’altronde nel 2021 il tavolo tecnico ammise una sola proposta delle tre raccolte, e ancora una volta niente voto. Insomma anche qui c’è decisamente qualcosa da migliorare.

I Comuni che hanno fatto peggio in tema di democrazia partecipata

Condrò (464 abitanti) ha circa 7.500 euro annui disponibili per la democrazia partecipata e un regolamento del 2020. E però i cittadini possono solo scegliere l’area tematica, ovvero l’ambito, in cui far ricadere le attività finanziate con i fondi annui. Che significa? Significa – come dimostrano i dati – che non c’è partecipazione. L’anno scorso, per capirci, hanno votato in 7. E negli anni precedenti qualche volta il processo non si è attivato, qualche altra non si sono rintracciati gli atti (l’avviso, l’esito, l’impegno di spesa). Insomma, poco di buono e molto da migliorare.

A Longi (1.350 abitanti) nel regolamento di democrazia partecipata, datato 2017, la fase della votazione da parte dei cittadini per scegliere il progetto da realizzare non è prevista. Le scelte – per i 4/5 mila euro annui disponibili – le fa il Comune. A scanso di equivoci, lo stesso avviso che avvia il processo di quest’anno informa che “l’amministrazione (salvo eventuali diverse e meritevoli proposte progettuali) intende destinare l’importo all’acquisto di attrezzature per eventi socio-culturali ricreativi e manifestazioni varie”. Un modo neanche troppo raffinato di scoraggiare le proposte da parte dei cittadini, “relegate” dentro una parentesi.

Pure a Mandanici (531 abitanti) qualcosa non torna. La cittadina ha fondi annui di democrazia partecipata attorno ai 5 mila euro e un regolamento adottato nel 2019. Cosa succede qui? Nel 2021 furono raccolte 26 proposte, tutte relative all’area tematica “spazi ed aree verdi” e destinate in maggioranza ad “arredo urbano, acquisto di cestini per la raccolta differenziata e le deiezioni canine e di sanificatori”. Nel 2022 stessa storia: 20 proposte, se così vogliamo chiamarle, tutte riferite a “spazi ed aree verdi” e votate all’acquisto di fioriere. Nel 2023 il copione si ripete. L’area tematica cambia, perché si tratta di “attività sociali, culturali e sportive”, le proposte presentate sono 17 e la maggioranza riguarda attività ricreative per gli anziani. L’unanimità sfiorata tutti gli anni potrebbe pure essere prova di una comunità particolarmente coesa, ma il meccanismo risulta comunque scorretto, anzitutto in riferimento alla normativa. La fase di raccolta dei progetti e quella di espressione della preferenza sembrano infatti essere unificate.

Pregando di citare sempre Spendiamoli Insieme, per approfondimenti su tutti i 37 Comuni che andranno a elezioni amministrative a giugno è possibile fare riferimento alle seguenti pubblicazioni online:

Per info e dettagli: Giuseppe D’Avella, Parliament Watch Italia

Tel. 348.9584581 – gdavella@gmail.com

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