Vertice del centrodestra: sul tavolo i nodi di premiership e ripartizione dei collegi uninominali

E’ stato  il primo vertice post-Draghi del centrodestra, quello in programma ieri  pomeriggio alle 17. Ma anche quello del chiarimento. I nodi –premiership e criteri per la ripartizione dei collegi uninominali – ci sono, ma non sono irrisolvibili. La premiership: i leader di FdI, Lega, FI, Udc e di Noi con l’Italia, Coraggio Italia proveranno a stabilire definitivamente se vale ancora la regola, sancita verbalmente in un vertice a palazzo Grazioli nel gennaio 2018 in preparazione delle politiche del 4 marzo, che assegna al primo partito la facoltà di indicare il candidato premier della coalizione.

Un’altra novità di rilievo riguarda la sede. Non più una dimora berlusconiana com’è prassi da quando esiste il centrodestra, bensì Montecitorio, sala “Salvadori” in uso al gruppo della Lega. Un cambio di location voluto soprattutto da Giorgia Meloni al solo scopo di istituzionalizzare i vertici del centrodestra. Ma chi saranno i protagonisti dell’incontro? I leader, innanzitutto, quindi, oltre alla Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. A rappresentare le formazioni centriste saranno Lorenzo Cesa (Udc), Maurizio Lupi (Noi con l’Italia) e Luigi Brugnaro (Coraggio Italia). In delegazione con il Cavaliere, il vicepresidente Antonio Tajani e la senatrice Licia Ronzulli, nella veste di responsabile nazionale di Forza Italia per i rapporti con gli alleati.

Ad affiancare Salvini, invece, il capodelegazione Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli, indiscussa autorità nel campo della tecnicità elettorale. Accanto alla Meloni, che oggi riferirà l’esito del summit alla Direzione nazionale di FdI, dovrebbe esserci Ignazio La Russa. Non ha invece ricevuto alcun invito Giovanni Toti, fondatore di Italia al Centro, che aveva annunciato un voto di fiducia «senza se e senza ma» al Draghi bis: «Quando vorranno parlare di programmi, progetti e di un nuovo centrodestra dove il centro abbia dignità e possibilità di dire la propria – ha detto – sia Giorgia che Matteo sanno dove trovarmi».

A destra infatti si litiga per la leadership: se Salvini e Meloni sono d’accordo sul fatto che governa, quindi verrebbe eletto presidente del Consiglio, chi prende anche un solo voto in più, rispetto agli altri partiti della coalizione (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia), Silvio Berlusconi e i suoi non sono d’accordo con una simile prospettiva.

Secondo un retroscena comparso sulla Repubblica, il capo di Fi si sarebbe spinto, con i suoi, a definire la numero uno di FdI, il partito attualmente in testa nei sondaggi, un leader capace di “spaventare”. Chi? Sia gli elettori, sia il Partito Popolare Europeo, sia Stati Uniti, sia l’Unione Europea, con conseguente messa in discussione dei fondi del Pnrr.

A rafforzare la sua posizione un sondaggio, che dimostrerebbe come Giorgia Meloni non incontri l’opinione favorevole della destra più moderata.

Tutti contro Meloni in Forza Italia, cosa hanno detto Tajani e Gasparri: le dichiarazioni

Su Meloni sono arrivate dichiarazioni non lusinghiere anche di altri personaggi, forzisti di primo piano. Ad esempio Tajani ha sottolineato come un capo di governo debba dimostrare di essere diverso da come viene dipinto.

“ll problema della Meloni – ha detto a Metropolis – non è tanto rivendicare il primato della coalizione, ma dimostrare che non è quel mostro nazifascista che Repubblica descrive. Meloni ha 46 anni e credo sia consapevole del problema. Oggi deve chiarire non solo le sue posizioni, che per me non sono nazifasciste, ma dimostrare che la sua è una coalizione equilibrata”. Queste invece le parole di Maurizio Gasparri

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