Via libera dell’Ecofin alla riforma del Patto di stabilità e crescita. La difficile intesa per le modifiche delle regole delle governance finanziaria, chieste soprattutto dal governo Meloni, è andata in porto. L’accordo tra Germania e Francia con l’Italia decisiva portato al tavolo del vertice dei ministri delle Finanze Ue.
.“Nonostante posizioni di partenza ed esigenze molto distanti tra gli Stati, il nuovo Patto risulta per l’Italia migliorativo rispetto alle condizioni del passato. Regole meno rigide e più realistiche di quelle attualmente in vigore, che scongiurano il rischio del ritorno automatico ai precedenti parametri, che sarebbero stati insostenibili per molti Stati membri. Grazie a un serio e costruttivo approccio al negoziato, l’Italia è riuscita, non solo nel proprio interesse ma in quello dell’intera Unione, a prevedere meccanismi graduali di riduzione del debito e di rientro dagli elevati livelli di deficit del periodo Covid. Inoltre, si terrà conto degli investimenti del PNRR e dei maggiori costi sugli interessi causati dall’innalzamento dei tassi di interesse da parte della Bce e le spese per la difesa saranno considerate separatamente in quanto fattori rilevanti. Sebbene il nuovo Patto contempli dei meccanismi innovativi volti a tener conto degli effetti di eventi esterni e straordinari nel computo dei parametri numerici da rispettare, rimane il rammarico per la mancata automatica esclusione delle spese in investimenti strategici dall’equilibrio di deficit e debito da rispettare. Una battaglia che l’Italia intende comunque continuare a portare avanti in futuro”, è la posizione della premier che considera importante che sia stato trovato tra i 27 Stati membri della Ue un compromesso di buonsenso per un accordo politico sul nuovo Patto di stabilità e crescita
Per il ministro Giancarlo Giorgetti el nuovo patto di stabilità ”ci sono regole più realistiche di quelle attualmente in vigore, naturalmente dovranno sottostare alla prova degli eventi dei prossimi anni, che diranno se il sistema funziona realmente come ci aspettiamo”. L’Italia ha ottenuto molto anche se nel testo ci sono “alcune cose positive e altre meno”.
Quello che è stato sottoscritto è “un accordo sostenibile per il nostro Paese – dice Giorgetti – volto da una parte a una realistica e graduale riduzione del debito. E dall’altra guarda agli investimenti specialmente del Pnrr con spirito costruttivo”. Ha vinto il buon senso e il compromesso. Spirito “inevitabile in un’Europa che richiede il consenso di 27 Paesi”. “Consideriamo positivo il recepimento delle nostre iniziali richieste di estensione automatica del piano connessa agli investimenti del Pnrr. E l’aver considerato un fattore rilevante la difesa, lo scomputo della spesa per interessi dal deficit strutturale fino al 2027”.
Sostanzialmente positivo anche il commento del capodelegazione di Fratelli d’Italia-Ecr al Parlamento europeo Carlo Fidanza. “Questo risultato, per certi versi storico, permette di allineare le regole di bilancio alle politiche determinate in sede Ue. Ed è certamente un successo del governo Meloni e della sua capacità negoziale. Che rende sostenibile nel medio periodo il nostro percorso di aggiustamento del deficit liberando risorse per politiche nazionali. Il ripristino del vecchio Patto o una versione peggiorativa, come quella paventata nelle ultime settimane, avrebbe impedito di attuare pienamente il programma del governo Meloni. Già gravato dall’ipoteca superbonus. Congratulazioni al Ministro Giorgetti per aver tenuto la barra a dritta in questo difficile negoziato”, conclude Fidanza.
Da Francia e Germania era arrivata un’accelerazione sulla riforma. In mattinata, fonti di Bercy avevano fatto trapelare che l’Italia aveva vinto nel compromesso sul Patto. “Una stesura su cui abbiamo lavorato con Giorgetti” nella quale si tiene conto anche delle spese del Pnrr. Bercy ha messo in evidenza “l’allineamento” con il ministero italiano sull’estensione da 4 a 7 anni dei piani di aggiustamento del debito, tenendo conto di investimenti e riforme del Pnrr, evidenziando anche che il ritmo di aggiustamento è più “progressivo”.
“Il nuovo Patto di stabilità entrerà in vigore nella primavera del 2024”, entra nei dettagli il commissario europeo Paolo Gentiloni. L’accordo è una buona notizia per l’economia europea, aggiunge sottolineando però che il viaggio non è ancora finito. “A gennaio noi dovremo passare alla fase successiva. E ho fiducia nello stesso spirito costruttivo e di compromesso che ci ha portato al risultato di successo di oggi”.
Anche i ministri delle Finanze tedesco e francese condividono la soddisfazione. E rivendicano che le nuove regole fiscali per gli Stati membri dell’Ue sono più realistiche ed efficaci allo stesso tempo. “Combinano cifre chiare per deficit inferiori e rapporti debito/Pil in calo con incentivi per investimenti e riforme strutturali. La politica di stabilità è stata rafforzata”, ha scritto il ministro tedesco, Christian Lindner su X. Per l’omologo francese, Bruno Le Maire, dopo due anni “si è raggiunto un accordo storico”.
Nei giorni in cui il premier Meloni è costretto a letto con l’influenza, tocca a Fazzolari ribattere punto su punto alle accuse dell’opposizione sull’accordo stipulato in sede Ue sul Patto di Stabilità e sul no del Parlamento alla ratifica del Trattato sul Mes. Con il nuovo Patto di stabilità europeo l’Italia guadagna “35 miliardi di euro l’anno: questa la differenza fra i vecchi parametri e i nuovi”, spiega Giovanbattista Fazzolari, che entra nel merito delle decisioni prese.
“Con i vecchi parametri – sottolinea l’esponente di Fdi – l’Italia era tenuta a una riduzione del debito di circa il 4-5% annuo, con i nuovi patti 1% l’anno. Per quanto riguarda il deficit l’Italia sarebbe stata tenuta a un avanzo dello 0,25% l’anno invece possiamo avere un deficit di 1,5%: vuol dire una differenza di 1,75% che grosso modo rispetto al Pil italiano sono circa 35 miliardi”, soldi “che a regime potremo spendere in più rispetto alle vecchie regole”, ha proseguito Fazzolari. “Oltre a questo abbiamo una fase transitoria di 7 anni per il rientro dal deficit eccessivo avuto nel periodo del Covid che è molto più morbido di quanto non era previsto”.