Video call di Biden con gli alleati per nuove sanzioni alla Russia e armi all’Ucraina

Video call di circa un’ora tra il presidente Joe Biden e gli alleati del G7. Convocata dal presidente americano per “discutere il nostro continuo sostegno all’Ucraina. E il nostro stretto coordinamento”. L’incontro da remoto è iniziato poco prima delle 10 (ore 16 in Italia) e si è concluso alle 11,21.

Presenti alla video conferenza tra gli altri il premier italiano Mario Draghi, il francese Emmanuel Macron, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il primo ministro inglese Boris Johnson, il canadese Justin Trudeau. E, ovviamente, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la presidente Ursula von der Leyen. E il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Nel corso dell’incontro, riferisce la Casa Bianca, il presidente Usa  ha anche affrontato il tema di nuove sanzioni contro Mosca. Che potrebbero essere annunciate nei prossimi giorni in coordinamento con i partner. Inoltre ha insistito molto sulla necessità che tutti gli alleati continuino a fornire armi a Kiev per affrontare l’offensiva dei russi nell’est. L’Occidente fa sentire la sua voce.

“Ampio consenso sulla necessità di rafforzare la pressione sul Cremlino, anche con l’adozione di ulteriori sanzioni”. Così una nota ufficiale di Palazzo Chigi che ricostruisce sinteticamente le conclusioni della video call. Alla quale il premier Draghi, colpito dal covid,  ha partecipato dalla sua casa in Umbria. I “leader hanno confermato l’importanza di uno stretto coordinamento in merito al sostegno all’Ucraina in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo al contributo al bilancio del Paese”. Di “ulteriore risposta coordinata all’aggressione della Russia contro l’Ucraina. Con il presidente degli Stati Uniti e partner che la pensano allo stesso modo” parla in un tweet il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “Necessità discussa di ulteriori aiuti umanitari, finanziari e militari. L’Ue svilupperà il Fondo di solidarietà per l’Ucraina per il sostegno immediato e la ricostruzione di un’Ucraina democratica”.

“Le misure che abbiamo messi in atto colpiscono duramente la Russia. Invece della forte crescita che era stata prevista, il Paese vedrà calare il Pil di oltre l’8%. Per la Russia è un disastro”. Così, a sua volta, il cancelliere tedesco Olaf Scholz al termine della videoconferenza con gli altri leader del G7 sulla crisi ucraina. A detta del cancelliere tedesco, “altre misure sono in arrivo, stiamo preparando altri passi insieme agli alleati”. E non si tratta di decisioni che “prendiamo da soli, ma insieme agli altri alleati, tra cui Usa, Francia, Gran Bretagna e Italia”. Quanto alle armi da inviare all’Ucraina, secondo il cancelliere “saranno anche a lungo raggio”.

Mentre i leader occidentali cercano altri modi per fermare il bombardamento dell’Ucraina da parte della Russia, Putin ha ammonito a non procedere ad alcun embargo nei confronti del petrolio e del gas russi, una misura chiesta a gran voce da Kiev. “Le conseguenze di un passo simile possono essere molto dolorose, specie per gli iniziatori di una politica del genere”, ha detto Putin. Il presidente russo ha anche aggiunto che Mosca vuole vendere più materie prime ad altre regioni del mondo in futuro.
Da qui lo spostamento dell’asse: “Occorre diversificare le esportazioni. Partiremo dal fatto che nel prossimo futuro l’offerta di risorse energetiche in direzione Ovest sarà ulteriormente ridotta. Pertanto, è importante consolidare il trend degli ultimi anni: passo dopo passo, riorientare le nostre esportazioni verso i mercati in rapida crescita del Sud e orientali”. Ogni riferimento alla Cina non è puramente casuale.

Per l’Europa è impossibile sostituire per ora il gas in arrivo dalla Russia. Lo ha sottolineato il presidente russo Vladimir Putin, in un incontro sulla situazione dell’industria petrolifera e del gas, citato dalla Tass. “Ciò che sorprende è che i “Paesi ostili” ammettono di non poter fare a meno delle risorse energetiche russe, incluso il gas naturale, per l’Europa il suo sostituto semplicemente non c’è”.

Secondo il presidente russo, le forniture da altri Paesi, principalmente dagli Stati Uniti, «costeranno ai consumatori molte volte di più e influenzeranno il tenore di vita delle persone e la competitività dell’economia europea».

In realtà nel momento in cui avranno il controllo del Donbass e il controllo della Crimea i russi avranno ottenuto i due terzi dei risultati che avevano dichiarato all’inizio. Il terzo sarebbe non far entrare l’Ucraina nella Nato. Risultato che di fatto è stato ottenuto ma che andrà consolidato per via negoziale.

Speriamo che una volta conclusa l’operazione nel Donbass e a Mariupol si possa riaprire il discorso perché l’alternativa sarebbe una guerra infinita che prima o poi ci coinvolgerebbe.  Nella pianificazione iniziale questa non doveva essere la seconda fase della guerra visto che le  forze che sono state messe in campo  non erano sufficienti per procedere all’invasione dell’Ucraina ma erano molto minori”.

Il che vuol dire che il livello di ambizione era molto minore: mettere in sicurezza il Donbass, creare un collegamento tra la Crimea e il Donbass, poi ottenere che l’Ucraina non entrasse nella Nato.

Nei piani dei russi si voleva arrivare a questi obiettivi per via negoziale ma saltato il negoziato si è resa necessaria questa seconda fase: i russi cercheranno di raggiungere quello che vogliono ‘manu militari‘ anche se non sarà un’impresa facile”.

Entrano in gioco anche questioni di carattere motivazionale, di carattere morale, di carattere psicologico che riguardano i singoli combattenti, su questo non si può fare nessuna previsione. Sicuramente finora hanno combattuto duramente, si sono comportati da valorosi.

L‘operazione militare “speciale” in Ucraina, come è stata definita più volte da Vladimir Putin, potrebbe causare ulteriore spargimento di sangue oltre i confini ucraini. È di questo parere l’ambasciatore russo negli States Anatoly Antonov, che nel corso di un’intervista rilasciata a Newsweek ha sconsigliato all’Occidente di rifornire l’Ucraina con le proprie armi.

Il diplomatico, infatti, ha sottolineato che il rifornimento di armi da parte degli americani e non solo incita “ulteriori spargimenti di sangue“. Per Antonov si prospetterebbe quindi la possibilità addirittura di uno scontro diretto tra Russia e Usa, con l’esercito del Cremlino pronto a imbracciare le armi contro quello americano.

Alla base della possibile minaccia di un conflitto tra Russia e Stati Uniti, che trasformerebbe la guerra in Ucraina in quella Terza Guerra Mondiale che tutti vorrebbero evitare, ci sarebbe l’intento dei russi di fermare l’aiuto dell’Occidente a Zelensky. Le armi che arrivano da Europa e Usa, infatti, minacciano la riuscita dell’operazione di Mosca, un nuovo intralcio sull’obiettivo d’espansione della Russia.

Nel corso dell’intervista a Newsweek, Antonov ha quindi avvertito: “Qualsiasi fornitura di armi ed equipaggiamenti militari dall’Occidente, effettuata con convogli attraverso il territorio dell’Ucraina, è un obiettivo militare legittimo per le nostre forze armate“. I russi quindi sarebbero pronti a colpire qualsiasi mezzo che rifornisce armi, senza alcun freno sulla bandiera che portano.

Minacciata dal possibile intervento delle forze alleate, che fin qui hanno solo osservato e risposto con le sanzioni, la Russia spinge sull’acceleratore per cercare di concludere quanto prima le operazioni in Ucraina. Da settimane si ipotizza che il conflitto possa finire entro metà maggio, idea che continua a rimbalzare con forza sul fronte russo.

Secondo la Cnn l’obiettivo di Putin sarebbe quello di ottenere una vittoria in Ucraina entro il 9 maggio, giorno in cui la Russia celebra la vittoria sui nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Le fonti citano un gran lavoro delle forze russe che si starebbero riorganizzando e puntando sull’est e sud dell’Ucraina perché obiettivi più piccoli e più raggiungibili rispetto alla conquista di tutto il Paese.

La data cerchiata in rosso sul calendario da parte del leader Putin avrebbe messo sotto pressione l’esercito, che vedendo avvicinarsi sempre più la scadenza del 9 maggio potrebbero essere spinti a degli errori fatali. Alcuni di questi, riferisce la Cnn, sarebbero le atrocità commesse a Bucha e Kramatorsk.

Con una lunga intervista a India Today, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha ufficializzato la «nuova fase» della guerra in Ucraina, che nelle parole di Mosca continua a essere un’«operazione speciale». «L’operazione nell’Ucraina orientale è finalizzata alla completa liberazione delle repubbliche di Donetsk e Lugansk. Questa operazione continuerà, sta iniziando la fase successiva e sono sicuro che sarà un momento molto importante dell’intera operazione speciale», ha detto Lavrov, parlando del Donbass e assicurando che «la Russia non sta valutando la possibilità di utilizzare armi nucleari in Ucraina, stiamo parlando solo di armi convenzionali».

Lavrov, quindi, sostenendo che «cambiare il regime in Ucraina» non è un obiettivo, ha indicato nell’espansione della Nato verso Est «la vera ragione» della guerra. I Paesi occidentali hanno «violato le promesse alla leadership russa e hanno iniziato a spostare la Nato verso Est dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica», ha sostenuto il ministro degli Esteri russo, secondo il quale «gli eventi attuali hanno origine negli Stati Uniti e nel desiderio dell’Occidente di governare il mondo. Volevano mostrare al mondo che non ci sarebbe stata multipolarità, solo unipolarità, e hanno creato un trampolino (l’Ucraina, ndr) contro di noi ai nostri confini. Hanno pompato – ha lamentato Lavrov – armi in Ucraina».

Dunque, la responsabilità della guerra in Ucraina sarebbe della Nato e dell’Occidente. Non solo, anche il proseguimento del conflitto sarebbe da imputare a questa parte di mondo, “rea” di aiutare l’Ucraina a difendersi. «Gli Stati Uniti e i Paesi occidentali stanno facendo di tutto per prolungare il più possibile l’operazione militare speciale. Il crescente volume di forniture di armi straniere dimostra chiaramente le loro intenzioni di provocare il regime di Kiev a combattere “fino all’ultimo ucraino”», ha detto il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, tornato a parlare pubblicamente dopo una lunga assenza dalle scene.

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