‘Tutto questo sangue per una non-partita e per un non-attentato: ma come è stato possibile?’. Inizia così l’articolo di Marco Travaglio che sulle colonne de ‘Il fatto quotidiano’ racconta quanto accaduto a sua figlia Elisa, 18 anni, rimasta ferita in piazza San Carlo, a Torino, nel caos di sabato sera. Mia figlia Elisa aveva deciso di vedersi la finalissima con un amico e un’amica davanti al maxischermo, scrive il giornalista: ‘Alle 22.15, subito dopo il terzo gol del Real, mi appare il suo numero sul cellulare. Provo a rincuorarla: Dai, pazienza, è andata così. Ma la voce dall’altro capo non è la sua’.
E’ quella del suo amico, scrive Travaglio, che assicura: ‘Elisa sta bene, ma non può parlare, ha male a una gamba. Brivido gelato nella schiena. Me la faccio passare a forza: ansima, piange, ripete vienimi a prendere, voglio andare subito via di qui, c’è stato un attentato, una bomba, non so, mi hanno calpestata, mi hanno camminato sopra, non mi sento più la gamba sinistra, e gli scoppi continuano, stiamo scappando verso piazza Vittorio’.
Elisa Travaglio resta in ospedale fino a tarda notte, assieme a oltre 200 feriti, arrivati, come lei, al pronto soccorso Gradenigo: ‘La gran parte non è di Torino sono venuti apposta dal Sud, dalla Calabria, da Napoli, dall’Abruzzo. Qualcuno da Roma. Due persino dalla Svizzera. Hanno fatto ore di treno, organizzato pullman non per vedere la partita. Quella si giocava a Cardiff e la dava in diretta Canale 5. Sono venuti per avere la sensazione di essere allo stadio, con altri 30mila’.
Alle 2 Elisa è ancora in sedia a rotelle col ghiaccio sulla gamba, nessuno ha potuto visitarla, ci sono casi più urgenti, conclude Travaglio. Vuole andare a casa. La carichiamo in spalla e ce ne andiamo, sperando che non abbia nulla di fratturato. Non andrò mai più in piazza per una partita, e nemmeno allo stadio, dice lei alla fine della più lunga serata della sua vita. In macchina, la radio informa di un attentato a Londra. Un attentato vero. Ma che differenza fa. Ormai i terroristi, anche quando non ci sono, è come se ci fossero.