La sindaca di Roma Virginia Raggi alla parata per i festeggiamenti della Festa della Repubblica, Roma, 2 giugno 2017 (Fabio Cimaglia / LaPresse)

Virginia Raggi, tra scuse al Pd e peso elettorale dell’indeciso Conte

Nel 2015  gli esponenti 5 stelle, allora all’opposizione, arrivavano in aula Giulio Cesare con le arance, per contestare l’amministrazione Marino e, in particolare, il caso della Panda parcheggiata in divieto di sosta. C’erano allora Virginia Raggi, oggi sindaco, Daniele Frongia,  ed Enrico Stefàno.  Tutti e tre ad odorare il profumo degli agrumi. Ci fu anche  una conferenza stampa con una cassetta di arance contro l’ex primo cittadino. 

Virginia Raggi è pentita e  lo afferma in una intervista a ‘La Stampa’. Non ripeterebbe la messa in scena con le arance da ‘donare’ all’allora sindaco Marino: ‘L’esperienza di una città complessa come Roma induce a fare delle riflessioni, anche perché paradossalmente solo chi ricopre un incarico come questo, può giudicare e comprendere fino in fondo un altro sindaco. Un lavoro che si fa h 24, sette giorni su sette, telefono sempre acceso, richiesta di una risposta su qualunque tema. Tutto questo mi ha indotto a essere autocritica con me stessa. Credo di essere stata ingenerosa per la dichiarazione sulle arance, ma anche nella vicenda degli scontrini. Sono passata per due anni e mezzo attraverso un processo: è finito bene ma sono esperienze da non augurare a nessuno. Con Marino restano diversità di vedute ma il rispetto c’è ed era giusto esprimerloì.

Il Foglio ironizza sulla moda dell’abiura tra i grillini. ‘Ecco allora Virginia Raggi prendere le distanze dalla donna che ha sin qui portato il suo nome. Mai più arance a Ignazio Marino. Mai più manette gettate in testa agli avversari. E le Olimpiadi? Era meglio farle. Perdonatemi, se potete. E come Roberto Fico sconfessa se stesso e si duole d’aver lottizzato la Rai alla stregua d’un democristiano, così anche Luigi Di Maio, dopo i gilet gialli, ora disconosce la democrazia diretta che fu sua bislacca religione’.

Ma le dichiarazioni di Raggi su Marino sono anche un segnale di pace al Pd e ai suoi elettori. Della serie: non facciamoci del male e poi al ballottaggio si vedrà. Un’intervista molto generosa, quella  della Stampa, senza domande scomode. Che fornisce a Virginia Raggi l’occasione per poter porre le basi di una campagna elettorale che sarà all’insegna del ‘mi rivolgo a tutti’ senza toni aspri. Per forza, a chi potrebbe altrimenti rivolgersi? A Roma trovare uno che si dichiari dei 5Stelle è un’impresa. Quelli che l’hanno votata si vergognano di dirlo.

È poi lunga la fila degli assessori che hanno lasciato o sono stati messi alla porta dalla prima cittadina ancora più in corsa per il Campidoglio Bis con la benedizione di Conte e Di Maio. Finora se ne contano 15. Prima dei saluti di Frongia c’erano stati quelli di Luca Bergamo, vicesindaco con delega alla cultura, e dell’assessore al commercio Carlo Cafarotti assessore al commercio. Entrambi licenziati quattro mesi fa, a fine gennaio. Per Bergamo era stata la stessa sindaca a indicare le motivazioni del distacco: ‘Ci sono diversità di visioni politiche per il futuro di Roma. Ne abbiamo discusso di recente senza riuscire a trovare una sintesi’. Grillino ma legato al centrosinistra lui aveva criticato apertamente Virginia Raggi per aver deciso di scendere in campo per un Campidoglio bis senza essersi prima confrontata con la base. Lo scontro, silente ma presente da tempo, si è manifestato e la rottura è stata concretizzata. E oggi è ancora più netta perché Bergamo ribadisce con forza che la sindaca ‘vuole solo signorsì’.

Nel 2019 arriva   la chiusura con i ‘tecnici’ e il via alla fase politica. Come viene confermato dalla stessa sindaca in un post che risale al settembre 2019: ‘Avviamo una nuova fase politica che rafforzerà il lavoro della Giunta di Roma per la città. Dopo aver ristrutturato le fondamenta della macchina amministrativa, benché resti ancora molto da fare, imprimiamo un’accelerata decisiva per portare a compimento il programma politico sulla base del quale i cittadini ci hanno eletto. Nel 2016 abbiamo vinto nettamente le elezioni: ora è il momento di compiere lo scatto decisivo per Roma’.

In pratica Raggi nel corso del suo mandato ha sempre fatto a pezzi la sua squadra sortendo, inoltre, scarsi risultati tangibili, portando alcune realtà sull’orlo del fallimento anche se ora usa lo slogan elettorale ‘Vogliamo rendere la città più resiliente e più inclusiva’.

Oggi la Raggi manda segnali di pace al Pd,  che sotto il ricatto 5Stelle, ha dovuto fare marcia indietro su Zingaretti e ripiegare su Gualtieri. Non dimentichiamo che Giuseppe Conte aveva detto sì a Zingaretti candidato sindaco nella Capitale pronto per far decollare l’alleanza Pd-M5s a Roma.  Invece tutto è andato in frantumi e non dinanzi a un sindaco uscente amato dai romani. Anzi, dinanzi a una sindaca tra le peggiori d’Italia. E di sicuro la peggiore che abbia mai conquistato lo scranno più alto del Campidoglio. Non a caso i sondaggi danno già vincente il centrodestra sia a Roma che a Milano passando per Torino.

Conte al momento usa uno slogan vecchio del Movimento che un tempo si definiva: ‘né di destra né di sinistra’, forse leggermente di sinistra perché ‘guarderemo anche alle esigenze dell’elettorato moderato’.  Cinque Stelle confuse, come è confuso Conte,  che ha pronti Carta dei valori, Statuto e organigramma ma li tiene ben chiusi in un cassetto in attesa che si sciolga il nodo-Casaleggio.

La linea politica e le scelte che ne derivano sono avvolte  in una nebulosa. L’avvocato del popolo afferma di aver scritto un programma, lo comunica al Fatto, ma non si ha traccia di comunicazione del  ‘grande evento’ della presentazione.  Si parla di cavilli, di carte bollate e di soldi per  Rousseau, in un  matrimonio finito malissimo, con un patrimonio di oltre 100mila attivisti certificati che restano chiusi in un server di Milano.

Gli accordi sulle amministrative sono un disastro, e Conte è limitato dalla mancanza di una legittimazione che gli consentirebbe di muoversi con più decisione, ‘sempre che lo voglia fare o ne sia capace’, ironizza un parlamentare.

Si parla di una società di Nina  Monti, cantautrice, spin doctor e curatrice del  blog di Grillo,  in lizza per succedere alla Casaleggio Associati nella gestione della piattaforma informatica 5 stelle, possibilità che desta qualche perplessità, non solo relative alla gestione della piattaforma e delle votazioni online, ma soprattutto riguardanti l’attività di affiancamento e supporto che la società milanese garantiva agli eletti nelle amministrazioni comunali e regionali, che la società della Monti non si sa se può garantire.

Come le tessere di un domino che vanno giù una dopo l’altra, cadono i tentativi di accordo tra Partito democratico e Movimento 5 stelle nelle grandi città. Enrico Letta piccona la Raggi (‘Il mio giudizio è molto negativo’) e chiude la porta a qualsivoglia intesa sia a Roma sia a Torino (‘A Roma e Torino non c’è possibilità di alcuna convergenza’) con  Conte che  spiega al Fatto che ‘con il Pd sono impegnato in un dialogo alla pari, senza alcuna subalternità’.

Fallito o quasi il primo banco di prova, quello delle amministrative, fallita l’operazione di ricucitura con Casaleggio, Conte, che eredita un quadro dissestato anche per responsabilità non sue, non può fallire la prossima mossa. Sempre che l’attesa non sia essa stessa la mossa. In verità la pazienza nel Movimento  nei suoi confronti si sta erodendo ogni giorno di più.

‘L’alleanza con il Pd si fa dove c’è un progetto comune altrimenti non può funzionare, procediamo per scelte locali’, afferma il deputato M5s Francesco Silvestri, con una dichiarazione che la Raggi, aldilà dei segnali di pace, deve ascoltare fondendolo con la scarsa capacità, oggi,  di raccogliere voti da parte del Movimento.

L’unica cosa su cui la Raggi può contare è l’appoggio del fuoriuscito Alessandro Di Battista: ‘Se Virginia Raggi vorrà la sosterrò. Le ho consigliato di rivendicare le tante cose buone che ha fatto a Roma’. 

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