‘Il virus Zika rappresenta una significativa minaccia per il popolo americano, in particolare per i bambini, e la nazione deve prendere le dovute precauzioni contro la sua diffusione’, diceo il presidente Barack Obama nel suo intervento al Pentagono, come riporta il Washington Post. ‘I nostri esperti di salute pubblica sono a conoscenza del problema già da qualche tempo, ora stiamo vedendo i primi casi di Zika trasmessi a livello locale dalle zanzare negli Stati Uniti continentali’, ha aggiunto Obama ricordando i circa i 15 casi ‘autoctoni’ nella zona di Miami. Stiamo prendendo estremamente sul serio la situazione, ha assicurato durante una conferenza stampa dopo la riunione del Consiglio di sicurezza nazionale sul tema della lotta allo Isis. Obama ha lodato gli sforzi dei funzionari della sanità, ricordando che i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) stanno lavorando a stretto contatto con le autorità della Florida per fermare la diffusione del virus. E’ in corso uno sforzo molto aggressivo per il controllo delle zanzare nella zona, ha detto il presidente: ‘Noi continueremo a lavorare come una squadra – federale, statale e locale – per cercare di rallentare e limitare la diffusione del virus’. Esistono due ceppi del virus Zika: il ceppo africano e il ceppo asiatico. L’epidemia che si è diffusa nell’America centrale nel Sud America ai Caraibi è provocata dal ceppo asiatico. I ricercatori hanno scoperto che nonostante le differenze genetiche, tutti i ceppi del virus hanno identici antigeni in superficie e per questo motivo possono essere colpiti allo stesso modo e sconfitti con la stessa arma. Non accade lo stesso per la simile Dengue che si presenta sotto quattro forme differenti, impedendo a chi ha avuto un tipo di infezione, provocata da un ceppo del virus, di ottenere la protezione per le altre. Gli scienziati americani hanno raccolto campioni di sangue da persone infettate dal virus in circolazione in Sud America e hanno poi provato a vedere in laboratorio cosa accadeva introducendo un ceppo diverso. E hanno scoperto che gli anticorpi prodotti in seguito a quel tipo di infezione funzionavano sia per il ceppo asiatico che per quello africano. I ricercatori hanno ripetuto l’esperimento sui topi e hanno osservato che entrambi i tipi di infezione, asiatica o africana, producevano anticorpi utili a colpire indifferentemente i due ceppi del virus. Significa, dicono gli autori, che un solo vaccino può prevenire le infezioni di tutti i ceppi. In realtà sembra essere più vicina la possibilità di ottenere un vaccino contro il virus Zika, visto che ben tre candidati vaccini sono stati sperimentati con successo sulle scimmie e uno dei tre potrebbe essere testato sull’uomo entro l’anno. La protezione dal virus è stata sorprendente, e ci rende ottimisti sullo sviluppo di un vaccino anti-Zika, ha detto l’immunologo Barouch. Il risultato arriva con le Olimpiadi di Rio, sulle quali aleggia la paura del virus, e a una settimana dalla notizia di 14 persone che negli Stati Uniti, in Florida, hanno contratto il virus a causa di una puntura di zanzara. Più gruppi di ricerca sono al lavoro per sviluppare un vaccino da quando, nel maggio 2015, sono stati segnalati i primi casi di trasmissione del virus in Brasile. Adesso sono stati messi ben tre vaccini, basati su strategie diverse: uno a Dna, che prevede l’inserimento nelle cellule di un tratto di Dna con le istruzioni per combattere l’infezione; uno tradizionale basato su virus inattivati, isolati a Porto Rico e in Brasile, che potrebbe essere testato sull’uomo a fine anno; il terzo basato invece sull’inserimento di geni di Zika in un virus della famiglia del raffreddore (adenovirus), usato come vettore per infettare le cellule e attivare le risposte immunitarie. Un vaccino contro l’infezione da virus Zika, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) un’emergenza per la salute pubblica, è dunque sempre più una priorità. Il virus infatti può causare problemi neurologici e, se colpisce le donne incinte, può causare una malformazione del feto in cui il cervello non riesce a svilupparsi normalmente (microcefalia). Tutti e tre sono stati somministrati a 16 scimmie Rhesus, nessuna delle quali ha contratto l’infezione dopo l’esposizione al virus. In particolare, i test hanno mostrato che anche una risposta debole del sistema immunitario degli animali, ossia con la produzione di bassi livelli di anticorpi anti Zika, è bastata a proteggere dal virus.
Moreno Manzi