Viterbo, inaugurata targa in ricordo delle donne Vittime delle marocchinate, è la prima nella Tuscia

A Viterbo, nel giardino pubblico del quartiere Pianoscarano, con una sobria cerimonia è stata inaugurata una targa in memoria delle Vittime delle truppe coloniali inquadrate nel Corpo di Spedizione Francese durante la Campagna d’Italia 1943-1944.

L’inaugurazione della targa, installata il 18 maggio scorso, in occasione della Giornata Nazionale in Memoria delle Vittime delle marocchinate, è stata rinviata più volte a causa delle avverse condizioni meteorologiche.

L’iter amministrativo iniziò con una lettera dell’associazione nazionale vittime delle marocchinate, presieduta da Emiliano Ciotti, inviata all’amministrazione comunale di Viterbo, e grazie ad Andrea Micci la proposta fu portata all’approvazione del consiglio comunale il 10 ottobre 2019. La giunta guidata dal Sindaco Gianni Arena, grazie anche all’impegno dell’assessore Laura Allegrini, deliberò il 13 febbraio 2020 e, infine, la commissione consigliare presieduta da Antonio Scardozzi, il 22 febbraio 2021 approvò il testo da incidere sulla targa.

L’attuale amministrazione comunale, guidata dal Sindaco Chiara Frontini, con l’importante coordinamento dell’assessore Katia Scardozzi, ha concluso l’iter e installato la targa, la prima a essere posizionata in ricordo delle donne che subirono violenza nella Tuscia.

“A Viterbo e provincia furono un centinaio le donne violentate dai soldati alleati – ha detto Silvano Olmi, vice presidente nazionale dell’ANVM, ricordando alcune delle vittime – Anna Rosa di 49 anni stuprata assieme alla figlia Lorenza di 19 da otto soldati; Pierina di 39 e la figlia Ines di 17; la trentacinquenne Giacinta, percossa e violentata da due militari inglesi davanti al marito minacciato con le armi; le sorelle Lucia 61 anni e la settantenne Rosa che furono aggredite in casa da otto militari alleati; Anna 35 anni e la figlia Liliana di 12, sorprese in una grotta in località Ponte Sodo dove erano sfollate e aggredite sessualmente da sette militari americani; Rosa, 50 anni, che venne stuprata in un podere in Strada Bagni; Lucia e la figlia Costanza, colpite con un bastone e infine stuprate da due militari francesi in località Pian della Noce nel territorio del Comune di Vetralla.

Non abbiamo sentimenti di rancore o di odio – ha concluso Olmi – ma non dimentichiamo, perché il ricordo e la memoria ci rendono liberi e consentono alle giovani generazioni di adoperarsi affinché non debbano ripetersi questi orrori.”

“Avevamo preso un impegno e l’abbiamo portato a termine – ha detto l’assessore Katia Scardozzi – queste donne subirono violenze sessuali e dovettero affrontare gravidanze indesiderate, aborti e malattie veneree. Alcune impazzirono. È nostro dovere ricordare.”

“Sono crimini che sono stati tenuti nascosti per troppo tempo – ha concluso il sindaco di Viterbo, Chiara Frontini – la violenza da qualsiasi parte provenga e qualunque siano le vittime, deve essere condannata sempre, senza appello o giustificazioni di sorta. Dobbiamo creare le condizioni affinché queste vicende non debbano più avvenire.”

Parole di saluto sono state inviate dal Presidente della provincia di Viterbo, Alessandro Romoli, che ha rimarcato il dovere di ricordare queste tragiche vicende; mentre il deputato Mauro Rotelli, in una missiva ha sottolineato l’importanza che “nelle nostre città ci siano luoghi che possano ricordare, nella quotidianità di ogni giorno, che la guerra è stata combattuta anche dalle donne” e ha aggiunto che “questa targa è un tributo a tutte le donne della provincia di Viterbo vittime di questa barbarie.”

Presenti, tra gli altri alla cerimonia, i rappresentanti delle associazioni d’arma dei Bersaglieri e dei Genieri e Trasmettitori; Maurizio Federici del Comitato 10 Febbraio; Sandro Pacella, presidente dell’associazione nazionale vittime civili di guerra che ha donato una pianta di rose rosse messe a dimora vicino alla targa; i consiglieri comunali Antonella Sberna e Matteo Achilli e l’ex-Sindaco Giulio Marini.

Nota – La parola “marocchinate” è un termine usato comunemente dal lontano 1946 per indicare le violenze sessuali, perpetrate dai militari alleati durante la seconda guerra mondiale in Italia, ai danni della popolazione civile. In particolare, a compiere questi orrendi crimini furono le truppe coloniali, militari marocchini, algerini, tunisini e senegalesi e di altre colonie francesi, inquadrati nell’esercito d’oltralpe. Da qui nasce la parola “marocchinate”, termine che viene spesso equivocato e che non ha niente a che fare con il razzismo o con sentimenti di odio per gli attuali abitanti del Marocco.

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