Vittorio Sgarbi, expertise false, rischia il rinvio a giudizio

La corsa di Vittorio Sgarbi al Campidoglio potrebbe fermarsi a Piazzale Clodio. Al Tribunale di Roma infatti c’è un fascicolo che lo riguarda e che potrebbe compromettere la sua candidatura alle comunali come assessore alla Cultura nel ticket di centrodestra Michetti-Matone ma soprattutto la sua reputazione di critico d’arte. I pm gli contestano, riporta La Repubblica, di aver autenticato almeno 32 quadri di Gino De Dominicis che lui – sostiene la procura – sapeva essere palesemente falsi. Su alcune tele, è l’accusa, le pennellate di bianco erano ancora fresche. Di più. Sgarbi è accusato di far parte di un’associazione per delinquere che fabbrica finti quadri di De Dominicis (ma anche di De Chirico, Carrà e Fontana), li autentica grazie a nomi di peso come quello appunto dell’ex sottosegretario berlusconiano, e li vende ai collezionisti.

Il gruppo, che fa capo a Marta Massaioli, ha venduto opere di De Dominicis per 10 milioni di euro. E il valore delle pitture sequestrate supera i 30 milioni. Il compenso di Sgarbi è stato di 170 mila euro. Oggi, 16 giugno,  è fissata l’udienza preliminare sull’associazione per delinquere, dove si deciderà se Sgarbi e gli altri devono andare a processo.  L’inchiesta nasce nel 2012 quando Paola De Dominicis, cugina e unica erede del maestro, si accorge che sul mercato circolano opere apocrife. E segnala ai carabinieri del Nucleo tutela del Patrimonio culturale 118 opere che ritene fasulle e di dubbia attribuzione. La donna indica in particolare un collezionista milanese, Luigi Koelliker, in possesso di numerosi quadri apparsi in un catalogo curato da Vittorio Sgarbi e Duccio Trombadori. La perizia della professoressa Isabella Quattrocchi attesta la contraffazione di molte delle tele.

Non solo. La Fondazione Gino De Dominicis, di cui Sgarbi era presidente e Massaioli vice, scoprono i carabinieri, è una scatola vuota. “La sede indicata sul sito è inesistente, l’utenza telefonica è il cellulare del marito di Massaioli”. La Massaioli risulta essere già stata condannata a 2 mesi per furto aggravato nel 2003, condannata a 2 anni e 6 mesi nel 2017 per ricettazione e contraffazione di opere d’arte. Sgarbi dunque viene pedinato e intercettato per mesi. Il 25 giugno 2014 all’hotel Carlyle a Milano, videoregistrato dai militari, la Massaioli scende da un taxi trascinando un trolley grigio ed entra nella hall dell’albergo dove c’è Sgarbi. Massaioli tira fuori un faldone di certificati di autentica e li sottopone al critico. Il quale, senza smettere di parlare al telefonino, firma.

Durante l'”expertise” al Carlyle, Massaioli chiama il gallerista romano Massimiliano Mucciaccia, che un mese prima si è lamentato per tre De Dominicis, perché il suo restauratore si era accorto che la tempera bianca era ancora fresca,” al massimo risalente a un anno prima”. Massaioli lo fa parlare con Sgarbi, per rassicurarlo. A quel punto i carabinieri fanno scattare le perquisizioni. Sequestrano 170 certificati, di cui 119 firmati da Sgarbi, “tutti privi di riscontro fotografico dell’opera autenticata”.

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