Le firme sulla petizione per chiedere un nuovo referendum sulla Brexit hanno raggiunto quota 2 milioni e continuano ad aumentare di ora in ora. Lo si legge sul sito del governo britannico dove sono pubblicate tutte le petizioni. Sul sito petition.parliament.uk le firme aumentano di minuto in minuto. Per dare la propria adesione alla proposta basta cliccare su ‘sign the petition’ e compilare tutti i campi. Naturalmente possono firmare solo i cittadini britannici e i residenti nel Regno Unito. Secondo la mappa pubblicata sul sito, la più alta concentrazione si trova nelle principali città della Gran Bretagna, Londra in testa. Appare molto improbabile l’organizzazione di un nuovo referendum sulla Brexit come chiesto dai firmatari di una petizione che sta ottenendo un grande successo in Gran Bretagna, ma esiste un doppio precedente nell’Unione europea. In Irlanda la ratifica dei trattati Ue di Nizza e di Lisbona è stata realizzata in due tempi, organizzando un secondo referendum, con risultati positivi, dopo la bocciatura di una prima consultazione popolare. Il 7 giugno 2001 i no al Trattato di Nizza furono il 53,87% contro il 46,13%. L’anno successivo, il 19 ottobre 2002 il 53,65% degli irlandesi dette invece via libera al Trattato (contrari il 46,13%), dopo qualche leggera modifica, in un secondo referendum. Il 12 giugno 2008, ancora una volta gli irlandesi, 53,4% contro 46,6%, dicono di no ad nuovo Trattato europeo, quello di Lisbona. Eppure il nuovo Trattato prospetta una cessione di sovranità inferiore a quella prevista dal Trattato di Nizza, bocciato definitivamente nel 2005 dal ‘no’ ai referendum di ratifica di Francia e Paesi Bassi, mettendo la parola fine al progetto di dotare l’Unione di una Costituzione europea. Si rivota l’anno successivo, anche questa volta dopo alcune leggere modifiche, il 2 ottobre 2009: 61,5% di sì, 28,5% di no. Una curiosità infine: persi i referendum sul Trattato di Nizza, Francia e Olanda decidono di non prendere rischi per la fase successiva. Il trattato di Lisbona viene ratificato per via parlamentare in ambedue in paesi nel 2008. L’incubo perfetto si è avverato. Certo, la lunga, drammatica, estenuante notte britannica ha lasciato macerie e disorientamento profondo. L’ Europa appare davvero alla deriva in mare aperto, senza bussola e preda degli innumerevoli, madornali, errori compiuti in maniera seriale negli ultimi anni. Questa volta nel burrone è scivolata per un bel tratto. L’abbandono di un Paese importante come la Gran Bretagna rimarrà una macchia indelebile nella sua storia, una nottata surreale e paradossale, dove il pessimismo della ragione alla fine l’ha spuntata su un velleitario e poco giustificato ottimismo della volontà. A dirla tutta, l’Europa di oggi dovrebbe vergognarsi per il punto dove è arrivata. Rifiutata puntualmente dai suoi cittadini ad ogni appuntamento elettorale, con la crescita esponenziale e progressiva dei movimenti anti-Europa e anti-Euro, xenofobi e populisti, ha insistito su una politica economica sbagliata che ha approfondito la crisi economica, ha costruito muri all’interno del suo territorio per proteggersi da nuove migrazioni globali che avrebbero bisogno invece di una gestione politica e lungimirante, magari con un po’ di solidarietà e umanità. Si è girata dall’altra parte di fronte alle migliaia di migranti e rifugiati morti nel Mediterraneo, ha accettato accordi controversi con un Paese, come la Turchia, criticato per il suo basso livello di democrazia interna. Ha combattuto il terrorismo senza collegamenti efficaci tra i Paesi membri, ha condotto politiche nazionali nei confronti del marasma mediorientale e mediterraneo tra Siria, Iraq e Libia, invece di cercare una comune politica estera e di sicurezza. Ma soprattutto ha sistematicamente rinnegato i suoi valori fondanti, i principi alla base della sua costruzione, ha vivacchiato mentre intorno il mondo gira velocemente e guarda avanti nell’era della globalizzazione. Eppure, nonostante tutto questo, il giorno più lungo e più brutto della storia europea può trasformarsi nel punto di ripartenza. L’alternativa è l’effetto contagio, la crescita ulteriore di partiti anti-Bruxelles in altri Paesi dell’Unione, l’alternativa è la nascita dei nuovi neologismi come Frexit e Nexit. Sull’orlo del burrone l’Europa ha poco tempo e poche possibilità e servono idee e coraggio, capacità di visione e nuova leadership. La campana britannica ha suonato per tutti. La strada è inevitabilmente quella di un nucleo duro di Paesi europeisti che vada avanti sulla strada di una più forte integrazione, con una costruzione europea a più velocità e a geometria variabile. C’è bisogno di ritrovare l’anima e il percorso dell’Europa. I cittadini europei non odiano l’Europa ma non sopportano questa Europa. La Brexit può segnare l’inizio di una rinascita europea o, al contrario, la sua fine. La lezione inglese va metabolizzata velocemente perché è stato davvero l’ultimo avvertimento. I jihadisti dell’Isis e di altri gruppi estremisti celebrano la Brexit sui social media e nel deep web definendola ‘l’inizio della disintegrazione dei crociati’. In particolare ha lanciato online appelli per attaccare Berlino e Bruxelles con l’obiettivo di paralizzare il Vecchio Continente. Lo riporta la Cnn citando Site, che avrebbe scoperto un messaggio dei jihadisti sulla rete criptata utilizzata dai militanti per comunicare tra loro. Qualche vantaggio dalla Brexit arriva invece sul fronte dei risparmi per i consumatori europei. La sterlina debole, infatti, consentirà ai cittadini dell’Ue qualche vantaggio nel cambio con il pound. E sebbene i risparmi maggiori li avranno i cittadini americani, con il dollaro rafforzatosi del 10% nei confronti della divisa britannica, il risparmio c’è nel cambio euro-sterlina, passato dallo 0,76 della vigilia a 0,81, il 6,5% in più a favore dell’euro. Inoltre, con i saldi appena partiti e le previsioni di un ulteriore indebolimento della valuta britannica, sono destinate a crescere le possibilità di risparmiare qualche euro dallo shopping ai viaggi. Una vacanza a Londra, ad esempio, resterà una scelta cara, considerato il più elevato costo della vita della capitale britannica, ma una camera in un hotel a tre stelle da 140 sterline che due giorni fa avremmo pagato 185 euro, oggi ci costa 173 euro. Si potrà risparmiare anche sui pasti e sugli acquisti. E proprio sul fronte dello shopping qualche occasione in più la danno i saldi estivi, scattati proprio questo week end. Un’occasione ghiotta per i turisti dell’Ue, che potranno approfittare dell’effetto congiunto di sconto e sterlina debole per pagare un po’ meno alcuni prodotti-icona della moda e dello stile inglesi, dal trench Burberry alla pipa Dunhill.