“ E’ una vera e propria ecatombe: oramai non c’è settimana che, nel quartiere collinare del capoluogo partenopeo, il Vomero, zona commerciale per antonomasia, non si debba registrare la chiusura di esercizi commerciali – afferma amareggiato Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari. già presidente della Circoscrizione Vomero -. La crisi economica, in uno alla lievitazione dei costi di gestione, principalmente per quanto riguarda i canoni di locazione, che in alcune strade hanno raggiunto valori esorbitanti, ha messo in ginocchio il terziario commerciale di tradizione che ha rappresentato, per oltre un secolo, la principale attività produttiva del quartiere collinare, con circa duemila esercizi commerciali, alcuni dei quali della grande distribuzione, presenti su un territorio di appena due chilometri quadrati. Ad aggravare il tutto hanno certamente contribuito i recenti eventi che si sono verificati sulla collina, con dissesti e voragini che hanno portato alla chiusura di alcune strade, con conseguenti ripercussioni sul traffico, e al fermo, avvenuto quasi due anni fa e che perdura a tutt’oggi, della funicolare di Chiaia, la quale trasportava quotidianamente 15mila passeggeri “.
“ In questi giorni – puntualizza Capodanno – molte persone sono rimaste meravigliate oltre che dispiaciute osservando le saracinesche abbassate di un’altra attività ben conosciuta e molto apprezzata dagli abitanti del quartiere collinare partenopeo. Si tratta della ditta Monetti, con esercizio posto nell’isola pedonale di via Scarlatti, al civico 171. Un marchio storico la cui fondazione, come si legge nel riquadro posto accanto all’ingresso, risale all’anno 1887, quasi un secolo e mezzo fa, una boutique adibita alla vendita di abbigliamento e accessori maschili e femminili “.
“ Una trasformazione quella settore commerciale vomerese che ha subito un’improvvisa quanto emblematica impennata a partire dall’inizio di questo secolo – sottolinea Capodanno -. Al posto delle botteghe artigianali e di esercizi commerciali di antiche tradizionali famiglie, che si trasmettevano di padre in figlio, sono arrivate attività di ogni tipo, principalmente però a carattere gastronomico, con bar, gelaterie, pasticcerie, ristoranti e paninoteche. Una tendenza che non sembra arrestarsi, anche per l’inadeguatezza dei provvedimenti adottati, sino a oggi, su scala sia nazionale che locale. Una trasformazione che meriterebbe certamente un’attenzione e un’analisi più approfondita e adeguata da parte degli enti e degli uffici a tanto preposti, al fine di emanare provvedimenti efficaci al posto dei meri palliativi adottati fino a questo momento “.