Von der Leyen cerca voti dovunque per la sua nomina a presidente della Commissione ma Macron ha dettato: ‘No alleanze con ECR e Patrioti’

In questi giorni la campagna della presidente uscente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, per cercare di ottenere sostegno a favore della sua riconferma si è intensificata. Il 18 luglio il Parlamento Europeo si riunirà per approvare la sua nomina per un secondo mandato, e von der Leyen vuole essere certa di ottenere almeno i 361 voti necessari (che corrispondono alla maggioranza assoluta dei 720 membri dell’assemblea), e per questo  sta lavorando per ingraziarsi e garantirsi il sostegno dei gruppi parlamentari.

Von der Leyen fa parte del Partito Popolare Europeo, di centrodestra, il gruppo più grande del Parlamento Europeo con 188 deputati. Si era candidata a un secondo mandato già lo scorso febbraio, e anche durante la campagna elettorale per le elezioni europee del 9 giugno si era impegnata con costanza per promuovere i risultati raggiunti durante i suoi cinque anni di mandato e rassicurare soprattutto le forze più progressiste riguardo alle sue intenzioni future. La sua nomina è stata confermata a fine giugno dal Consiglio Europeo, che riunisce i capi di stato e di governo dei 27 paesi membri, e dovrà ora essere approvata dal Parlamento.

Il PPE, i Socialisti e i Liberali hanno 401 seggi al Parlamento Europeo, ben superiori alla soglia di 361 che serve a von der Leyen per essere eletta. Il voto per la presidenza della Commissione Europea si svolge però con scrutinio segreto, ed è probabile che alcuni eurodeputati non seguano le indicazioni del proprio partito e votino contro von der Leyen. Per questo, la presidente uscente sta cercando di assicurarsi un numero di voti di gran lunga superiore al minimo necessario. Per ora i Verdi – che hanno 53 eurodeputati – non hanno escluso la possibilità di votare per von der Leyen, sempre ad alcune condizioni, tra cui il rispetto degli obiettivi imposti dal Green Deal.

Von der Leyen ha escluso fermamente qualsiasi alleanza sia con Patrioti per l’Europa,  sia con Europe of Sovereign Nations, e non incontrerà nemmeno i loro rappresentanti. Sta invece riservando un trattamento diverso al gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR), sempre di estrema destra e di cui il partito più importante è Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Seppure radicale, il gruppo sostiene alcune posizioni più vicine a quelle dei partiti conservatori tradizionali, per esempio il sostegno all’Ucraina mentre alcuni esponenti di Patrioti per l’Europa ed ESN sono noti per le loro posizioni filorusse.

Socialisti, Liberali e soprattutto i Verdi si sono detti fermamente contrari a qualsiasi alleanza con ECR. Von der Leyen invece sembra pensarla diversamente: ha detto di non essere interessata ad avviare una «collaborazione strutturale» con il partito, e martedì prossimo incontrerà comunque i suoi rappresentanti, una decisione che potrebbe far vacillare il sostegno degli altri alleati.

Von der Leyen ha ancora più o meno una settimana di tempo per cercare di assicurarsi quanti più voti possibili. Se non dovesse raggiungere la soglia di 361 richiesta per la conferma, la sua nomina verrebbe scartata e il Consiglio Europeo dovrebbe mettersi d’accordo e nominare un altro candidato: sarebbe una situazione inedita, che potrebbe aprire una crisi politica. Secondo alcuni osservatori però proprio la mancanza di alternative potrebbe giocare a favore di von der Leyen, aiutando la sua riconferma.

Aldilà di tutti i calcoli, e aldilà di tutti gli incontri politici sul primo voto in Parlamento Ue sulla nuova Commissione Europea, la Presidente uscente e candidata finora unica dopo l’accordo tra PPE-S&D-Renew, Ursula Von der Leyen è tutt’altro che convinta che quei 400 voti in dote basteranno a rimanere al riparo da possibili ‘franchi tiratori’ nella sua stessa maggioranza. C’è da considerare che  il giogo-ricatto rilanciato  dal gruppo di Emmanuel Macron, che ha avuto la meglio finora facendo di fatto scartare qualsivoglia accordo con la destra in Europa per poter allargare i cordoni della maggioranza in Commissione.

Già  Von der Leyen aveva confermato davanti alle delegazioni di Popolari e Socialisti di non avere alcuna intenzione a dialogare con il nuovo gruppo dei Patrioti per l’Europa (l’intero gruppo ex ID, tra cui Lega e Le Pen, assieme a Orban e Vox): «non ci sarà alcun dialogo con i sovranisti», così come ha promesso di non voler neanche incontrare il potenziale nuovo gruppo “Europa delle nazioni sovrane” messo in campo da AfD ed altri partiti piccoli entrati con candidati fra i Non Iscritti. Incontrando i liberali di Renew Europe è sempre la Presidente Von Der Leyen a sottostare all’egida lanciata dalla formazione guidata da Emmanuel Macron, impegnato a sua volta con un intricato “gioco di potere” con il Governo in Francia: «Con il gruppo Ecr non ci sarà una cooperazione strutturale». Poco prima del resto il gruppo di Renew sui social aveva sentenziato nettamente: «questa mattina abbiamo avuto uno scambio di opinioni con Ursula Von der Leyen, candidata alla presidenza della Commissione per il Gruppo del Ppe. Siamo chiari: deve rinunciare agli accordi con l’estrema destra, inclusa Ecr».

Un ricatto come già avvenuto con Macron e con l’Spd di Scholz prima degli accordi sui “top jobs Ue”, l’esclusione della destra da ogni incarico di rilievo, così come dalla maggioranza della Commissione Ue, sono le condizioni poste da liberali e socialisti per appoggiare ancora la ricandidatura di Ursula Von der Leyen alla guida della Ue. Inizia così a delinearsi il possibile allargamento della Commissione non più verso l’ala destra del Parlamento Ue bensì al suo opposto, ovvero con i Verdi che già si sono detti disponibili ad entrare nel Governo Von der Leyen sempre se fuori rimarranno i Conservatori di Meloni.

Tutto risolto dunque in vista delle votazioni del 16-18 luglio 2024? Tutt’altro, Von der Leyen teme a questo punto in maniera ancora più netta i “franchi tiratori” che in casa PPE potrebbero far mancare l’appoggio con il voto segreto alla leader che intende riproporre uno schema di centro-sinistra dopo che i risultati delle Europee avrebbero detto tutto l’opposto. Ecco perché le trame interne a Bruxelles parlano di un tentativo comunque “segreto” di trovare un accordo con Fratelli d’Italia (concedendo un commissario con portafoglio di peso al Governo Meloni? Programma più soft sul Green New Deal?) per scardinare la potenziale ‘minaccia’ dei popolari ribelli in Aula.

Nicola Procaccini, co-Presidente del gruppo Ecr, scioglie ogni dubbio sulle alleanze europee e chiarisce che non ci sono le condizioni per votare Ursula von der leyen. “L’agenda che abbiamo avuto modo di vedere non cambia rispetto a quella di 5 anni fa e al momento non ci sono le condizioni per votare von der Leyen”, parole nette e decise dettagliate, però, con una profonda analisi. Il co-Presidente ha spiegato che ad oggi non c’è una decisione definitiva e che, “per quanto riguarda gli italiani  significa che la decisione verrà presa sulla scorta delle indicazioni che riceveremo dal primo ministro”.

Procaccini ha poi specificato un fatto molto importante: “All’interno del nostro gruppo c’è sempre stata libertà di movimento e decisione per le singole delegazioni. Cinque anni fa la delegazione di Fratelli d’Italia non ha votato il presidente della Commissione mentre la delegazione polacca del Pis, ad esempio, ha votato a favore”. Un’altra dimostrazione di come nel gruppo Ecr si privilegi e si rispetti la libertà di ogni singola Nazione.

Ursula von der leyen vedrà la delegazione dell’Ecr martedì a Strasburgo dopo che lo stesso gruppo dei conservatori ha fatto recapitare un invito al presidente della Commissione Ue. Lo  ha confermato lo stesso Nicola Procaccini : “Se facciamo questo incontro è perché vogliamo sentire le cose da von der Leyen”, ha spiegato Procaccini,  rispondendo a chi gli chiedeva se l’Ecr volesse delle garanzie al presidente della Commissione Ue. “Rispetto all’esperienza nazionale, a Bruxelles non esiste una maggioranza e una minoranza al Parlamento europeo. Esistono le maggioranze e le minoranze che si formano in ogni singolo voto”, ha poi spiegato il leader di Ecr. Al gruppo dei Conservatori e riformisti andranno due presidenze di commissione e due vice presidenze di aula.

Nell’Ecr “continuiamo a pensare che il cordone sanitario sia un abominio democratico: vale per l’estrema sinistra come per l’estrema destra. E’ una cosa che ci teniamo a dire e non prenderemo mai, come l’Ecr , una posizione ruotata all’estrema sinistra o all’estrema destra. Il cordone sanitario è una conventio ad excludendum, applicata nella scorsa legislatura al gruppo Id e in parte anche all’Ecr, per la quale tutti gli altri gruppi si coalizzano e non votano i presidenti di commissione e i vicepresidenti che  spetterebbero ad un determinato gruppo, in base al metodo d’Hondt, una specie di ‘manuale Cencelli’ Ue, creato nel XIX secolo da un matematico belga per distribuire i posti di responsabilità nel Parlamento del Regno”.

Le parole di Procaccini esprimono l’equilibrio e la coerenza di Ecr e di Fratelli d’Italia. Equilibrio perché agisce da forza di maggioranza relativa di un grande Paese. Coerenza perché non si piega a logiche di opportunismo e mira a costruire un’Europa che cambi letteralmente passo, nel mentre è attraversata da drammatici conflitti e da un’austerità che non sembra la soluzione migliore per garantire serenità ai popoli.

Tradotto in numeri, i 400 seggi in dote sui 720 totali tra PPE-S&D-Renew avrebbero un 15% a rischio di “franchi tiratori”, perciò fanno gola i 53 voti dei Verdi: se però con l’ingresso della sinistra ecologista i popolari dovessero infuriarsi (Forza Italia ha già fatto intendere che non è un’opzione valutata positivamente), ecco che i 24 europarlamentari di FdI potrebbero far comodo a Von der Leyen almeno nella votazione di fiducia in Parlamento.

A questo punto non resta che aspettare i risultati della votazione,  visto che al momento non vi è alcuna certezza sulle votazioni che verranno espresse e che resteranno segrete.

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