Zone rosse, contagi falsati in Lombardia. Il ruolo di Conte

Sono ancora molti i nodi da sciogliere sul caso della mancata istituzione delle zone rosse ad Alzano Lombardo e Nembro, i comuni della Bergamasca fortemente colpiti dal coronavirus a marzo. Del verbale del Cts, risalente al 3 marzo, il premier Conte ha rivelato di essere venuto a conoscenza il 5 marzo,   due giorni prima della decisione di imporre la zona arancione per tutta la Lombardia.

Zone rosse, in Lombardia numeri falsati

Ma sui numeri dei contagi della Bergamasca emergono elementi discordanti. Secondo quanto riporta Il Messaggero, la Regione Lombardia aveva notificato un incremento di 372 positivi; ma dal database dell’associazione OnData, reso noto il 26 aprile, i positivi a marzo erano già 579, ben 200 in più rispetto a quanti ne avesse contati la Regione.

Uno scarto che avrebbe messo sotto un’altra luce la criticità della situazione nella Bergamasca, e che forse avrebbe spinto la Regione e il governo a prendere una decisione più rapida.

Zone rosse, botta e risposta tra Gori e Gallera

Nel frattempo, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha puntato il dito contro l’assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera, in un botta e risposta su Twitter: “Il governo esita 4 giorni e poi opta per la zona arancio estesa a tutta la Lombardia. La Regione, invece si chiama fuori: la ZR non tocca a me. Ma non la chiede neanche al governo”.

Gallera ha quindi replicato: “MA COSA DICI?? Abbiamo convocato il 4 marzo riunione a Palazzo Lombardia con Ministro Speranza e gli abbiamo (io personalmente) chiesto la zona rossa e ottenuto impegno del Ministro”, rivendicato di aver “fatto il proprio dovere“.

Gori ha però rilanciato: “Ci sono richieste ufficiali agli atti?”.

Fratelli d’Italia replica ripescando un video nel quale dimostra come in tempi non sospetti, ad aprile, il suo partito chiedeva già di differenziare le chiusure a seconda del livello di contagio in ogni regione.

“Dalla pubblicazione degli atti del Comitato tecnico scientifico emerge che il lockdown dell’intera nazione era ingiustificato. Anche se la propaganda filogovernativa prova a salvare la scelta di Conte dicendo che anche Meloni e Salvini chiedevano la chiusura totale, la verità è che Fratelli d’Italia già lo scorso aprile, attraverso il suo Ufficio Studi, presentava in conferenza stampa un dossier dove si chiedeva di circoscrivere il lockdown alle sole zone rosse e di riaprire le scuole” spiegala Meloni in un post su Facebook.

Il lockdown generalizzato – continua – lo abbiamo chiesto di due settimane, dieci giorni prima che il governo lo facesse, quando ancora non si conosceva il nemico contro cui combattevamo e non c’erano i dati, proprio perché il Governo avesse il tempo di isolare i focolai e studiare cosa stava accadendo. Anche allora non siamo stati ascoltati – non c’è da stupirsi visto che Conte, a quanto pare, non ascoltava nemmeno gli esperti – e sappiamo come è andata a finire. Con la stessa serietà, appena sono diventati disponibili dei dati statistici, FDI si è messo ad analizzarli con attenzione, pur non avendo tutto l’arsenale di tecnici del Governo, e abbiamo coraggiosamente detto le cose come stavano, chiedendo ancora una volta a Conte di ascoltarci. Se ci avessero ascoltato quando a fine aprile rendevamo noto il nostro studio, chiedendo di riaprire le attività produttive e le scuole in molte parti d’Italia, avremmo risparmiato agli italiani altre settimane di lockdown e alla nostra economia decine di miliardi di perdite. Il lockdown è stato fatto tardi e in gran parte d’Italia si è riaperto tardi. Questa è la verità che ognuno può riscontrare andandosi a rivedere la conferenza stampa e il dossier pubblicato.

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